Tre passi verso la conversione energetica

di Guido Viale

da Quale energia, marzo 2015

La caduta del prezzo del petrolio potrebbe essere una manna per l’economia: meno esborsi, minori costi; invece viene visto sempre più come una iattura; perché va aggiungersi, aggravandola, alla deflazione innescata dall’austerity imposta dall’Unione Europea; ma soprattutto perché rischia di far esplodere la bolla degli investimenti già effettuati, o in corso, nell’estrazione di shale gas e shale oil (fracking) e di quelli sotto la calotta artica, che con quel prezzo sono divenuti antieconomici. Viceversa, sembra una disgrazia per i fautori della conversione energetica verso le rinnovabili, perché allontana quelle grid-parity che sono condizione di un loro autonomo sviluppo. Ma può – e deve – invece incentivarne un’accelerazione, perché, come oggi è sceso verticalmente in meno di sei mesi, domani il prezzo del petrolio potrebbe risalire altrettanto rapidamente. Nel campo dei fossili la turbolenza del mercato sarà sempre maggiore, mentre i costi connessi alle rinnovabili e all’efficienza energetica sono invece molto più stabili: qui i singoli investimenti sono di minore entità e più distribuiti nel tempo e nello spazio e il costo delle fonti principali (sole e vento) resterà sempre pari a zero. Ma che cosa comporta la conversione energetica? Tre cose che vanno di pari passo. Innanzitutto un programma di lungo termine, che non riguarda solo gli investimenti pubblici, ma anche quelli privati di imprese e famiglie. Bisogna rendere evidente, a tutti i livelli, che la transizione conviene anche in termini economici, oltre a essere irrinunciabile dal punto di vista ambientale, pena la devastazione della vita su tutto il pianeta. In questo campo molto è stato fatto da varie agenzie per stimare l’entità di investimenti e ritorni in termini macroeconomici; poco o niente per facilitare la traduzione di quelle stime nelle possibili applicazioni in tutti gli ambiti della produzione e della vita quotidiana; Poi la partecipazione: la conversione ecologica in campo energetico, come in tutti gli altri ambiti vitali per gli equilibri ambientali (agricoltura, alimentazione, mobilità, edilizia, gestione del territorio, gestione delle risorse e dei rifiuti), non può essere gestita dall’”alto” o da un “centro”. Deve essere un processo articolato a livello locale per tener conto delle differenze sia nella disponibilità di risorse (esposizione al sole, venti, biomasse, salti d’acqua, moto ondoso, risorse geotermiche, ecc.), sia nei carichi a cui il territorio è sottoposto per la sua conformazione e le caratteristiche del tessuto produttivo. Più si scende nei dettagli, e più una buona programmazione integrata degli interventi, che combini una valutazione dei carichi indispensabili con le opportunità offerte da un mix delle diverse fonti energetiche, dipende dalla collaborazione di chi in quel territorio vive o lavora. Altrimenti si procede con interventi standard che disperdono risorse e rispondono poco alle esigenze da soddisfare. Infine occorre integrare quei “saperi sociali” di cui ogni individuo è naturalmente detentore per il fatto di vivere e lavorare in un contesto dato (ma che possono emergere e venir valorizzati solo attraverso una larga partecipazione) con i saperi tecnici necessari a valorizzare l’innovazione tecnologica. Per questo va promossa (integrando formazione specialistica e attività pratica) una grande leva di tecnici capaci di combinare in un lavoro congiunto analisi dei contesti e progettazione degli interventi, integrando in team unitari competenze in campo edilizio, impiantistico, economico, urbanistico e anche sociale (indispensabili, queste, per promuovere un effettivo coinvolgimento della popolazione). Un compito al tempo stesso tecnico e politico.

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2 Commenti
  1. Giuseppe Gallenti dice

    Salve Guido,…….forse tu non ti ricorderai di me ma ci siamo visti a Catania l’anno scorso e conversato andando a prendere un caffè oltre a essere a Roma a Luglio per il gruppo di lavoro sull’ambiente ecc ecc.
    Ti invio cosa dico e propongo da tempo per creare reddito e occupazione oltre a tutto il resto a iniziare dalle mafie e le loro politiche.

    L’UNICA VIA ALLA SALVEZZA PER CREARE REDDITO E OCCUPAZIONE PARTENDO DA UN SEME……………
    Parlare di Canapa nel nostro paese è la cosa più antipatica e difficile che mi sta capitando da molti anni a questa parte perchè troppi interessi delle lobby impediscono la vera informazione sulla tematica e la Canapa è una delle soluzioni a innumerevoli problemi quali sono il lavoro ed il precariato e quindi lo stato sociale a partire dall’agricoltura, la sanità, l’energia, lo sviluppo industriale, diritti civili, l’immigrazione e la fame nel mondo con le conseguenti guerre.
    Partiamo dall’agricoltura settore in crisi con un quota improduttiva in Sicilia che si aggira tra il 15-20 % per le terre coltivabili che producendo Canapa darebbe una forte propulsione al settore agricolo ricavando dalla coltivazione il doppio di resa economica del Grano che è fortemente in crisi per la concorrenza dei paesi stranieri cosi come per i costi di produzione ottenendo inoltre fibra ad uso industriale per carta, plastica e innumerevoli altri utilizzi.
    Inoltre si otterrebbero sia le biomasse ad uso energetico quali biocarburanti e biogas oltre ad oli e solventi usando la pirolisi con tecnologia “fracking” bonificando e riducendo l’inquinamento ambientale oltre ripulire l’aria e la conservazione dei terreni frenando l’erosione e migliorandone la struttura.
    In campo energetico si attuerebbe in pieno il piano di riconversione ecologica dell’industria chimico-petrolifera e quale miglior posto della Sicilia che ha tre grossi siti petrolchimici fortemente in crisi oltre ai terreni rilanciando i settori in maniera eco-sostenibile.
    L’utilizzo della Canapa inoltre è utile sia in campo medico sanitario dove potrebbe rimpiazzare fino al 20% dei farmaci per le sue proprietà terapeutiche oltre a essere una fonte alimentare tramite i semi,l’olio e i suoi derivati che potrebbe nutrire popolazioni con problemi di fame e carestie come i paesi del terzo mondo e mi preme sottolineare come circa un miliardo di persone nel mondo abbiano problemi nutrizionali.
    In sintesi si stima che“Legalizzare,liberalizzare coltivare la Canapa significherebbe:
    1. Risparmiare circa 2 Miliardi all’anno per la Guerra alla Droga.
    2. Guadagnare circa 8 Miliardi all’anno per la vendita controllata della sostanza.
    3. Eliminare un potenziale guadagno di decine di miliardi alla mafia contrastandola fortemente dando alle forze dell’ordine la possibilità di intervenire solo sul mercato delle droghe pesanti.
    4. Dare la possibilità a malati e alla gente di curarsi con la Canapa terapeutica e non dover consumare farmaci inutili,costosi e palliativi.
    5. Poter sviluppare una filiera controllata anche biologica dando la possibilità dell’autocoltivazione ai consumatori.
    6. Diminuire il consumo di alcolici e tabacchi, oltre che di alcune droghe pesanti.
    7. Dare Impulso al mercato della Canapa creando un indotto considerevole.
    8. Eliminare il falso mito della Pericolosità della Marijuana.
    9. Ridurre il problema del Sovraffollamento delle Carceri.
    10.Ridurre la povertà della gente creando reddito e occupazione partendo da un semplice seme.
    Giuseppe Gallenti

  2. Fabio Roggiolani dice

    Concordo ma purtroppo da quando ho deciso di occuparmi anche professionalmente di rinnovabili e efficienza energetica ci troviamo ad affrontare l’opposizione su tutto il territorio nazionali da parte di persone e spesso formazioni politiche che non distinguono un kw da un Mw e che riempiono di NO a tutto ogni comune piccolo o grande che sia.
    Il risultato non credo voluto è che le rinnovabili segnano il passo e che nei convegni sempre c’è qualche relatore che afferma che abbiamo ormai troppa energia elettrica prodotta in italia dimenticando di dire che oltre il 60% viene da gas e carbone. Paesini montani che si oppongono a una centrale da un Mw a Biomasse legnose, zone di allevamento contro il biogas da liquami, aree come i campi flegrei dove si contrastano impianti da 100 kw geotermici. Io li chiamo gli annientalisti, caro Viale come facciamo a cambiare direzione? Possibile che in questo paese contino ormai solo i conservatori?

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