Relazione introduttiva a Seminario Genova del 24/10
di Laura Cima
La mia sarà una relazione aperta che pone più interrogativi che soluzioni, a cui le relazioni più generali del mattino sulle tematiche fondamentali che ci vedono impegnati, e su cui non entro volutamente nel merito, e il confronto tra territori del pomeriggio, daranno contributi indispensabili. Stiamo ormai tutte e tutti galleggiando in quella che Zygmunt Bauman ha chiamato “modernità liquida”, con ridotte certezze intellettuali e punti fermi morali, più che navigando in mare aperto come qualcuno ci invitava a fare. Il valore della vita sta paurosamente scemando, attraverso attentati come quello turco su cittadini inermi che chiedono pace (isis o Erdogan ?), bombardamenti di ospedali come in Afghanistan ad opera degli Usa, interventi unilaterali ( Francia, Russia, Turchia che usano la guerra all’Isis per rafforzare propria sfera d’influenza facendo dei ribelli ad Assad e dei curdi il vero obiettivo dei bombardamenti), sgozzamenti ISIS, bambine usate come bombe umane o vendute sui mercati del sesso, femminicidi, e stupri, respingimenti Ue (con i distinguo forse ti salvo dalle guerre che ho provocato ma non dalla fame che ho indotto).
Il valore della cultura e della storia sfumano, con patrimoni dell’umanità fatti saltare o semplicemente degradare come nel nostro Pompei, o svenduti per fare cassa come propone il sindaco di Venezia , con progetti educativi in Italia come quello della “buona scuola” che rispondono al modello Richard Ingram: scuole e università servono essenzialmente a competere sui mercati globali.
Altro che il concetto di cultura di H.Arendt, cultura che deve trascendere l’attualità e perseguire la bellezza, non essere consumata ma resistere nel tempo. Questa liquidità della realtà mette in crisi le identità, le storie individuali e collettive. Ci sradica come gli ulivi pugliesi dove deve passare il metanodotto Snam, rende indeterminate le nostre vite. Siamo tutte precarie si diceva a Paestum con le giovani femministe: “ la vita liquida è una vita precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza […]è una successione di nuovi inizi “ e di fini rapide. Le situazioni in cui si agisce si modificano prima che il nostro modo di agire possa consolidarsi in abitudini e procedure. Tra desiderio di libertà e bisogno di sicurezza, con il fantasma della solitudine e dell’esclusione che vediamo materializzato nei migranti ma può toccare anche a noi, oscilliamo tra non appartenenza e la cuccia calda della nostra cerchia dove si ripetono gli stessi mantra, in perenne ricerca di un soggetto non effimero che assicuri stabilità e credibilità. Vale per i rapporti, per il lavoro, per la politica. Quello che era un gap femminile, l’estraneità della politica, oggi coinvolge più della metà degli elettori, e soprattutto i giovani che non vanno più a votare e non si fanno coinvolgere da partiti. Al massimo, come le donne, lavorano in associazioni, movimenti, organizzazioni no profit. Intanto la sovranità di Stati e popoli evapora negli accordi commerciali globali (TPP,TTiP), la criminalità organizzata invade tutti i settori (mafia capitale: su clandestini e carcerati si guadagna più che con la droga) con la connivenza, per lo più impunita, della politica a cui assicura voti. I fondamentalismi religiosi si fanno stato, si aggrappano all’identità ereditata, sono l’altra faccia dell’individualizzazione imposta a livello planetario. Sono la componente più drammaticamente violenta e brutale ma l’imposizione del liberismo ad un mondo affamato o in fuga dalle guerre non lo è da meno. Le costituzioni come la nostra vanno smantellate per non intralciare le decisioni di governi utili al business della finanza e delle multinazionali,( la parola d’ordine parte dopo la crisi da Goldman Sachs, da Fitch e altre agenzie di rating) la sovranità deve essere espropriata da arbitrati internazionali e dalla riduzione di spazi democratici in cui scegliere. Terra acqua, aria inquinate e clima modificato, beni comuni privatizzati e svenduti in nome del profitto di pochi. Una forbice insostenibile tra super ricchi e povertà sulla cui soglia si ritrovano ormai i certi medi. La politica come fonte di privilegi. Per questo conversione ecologica dell’economia, che significa cambiare totalmente paradigma, modelli di convivenza a bassa impronta ecologica (Vancouver, alta qualità della vita ma consumo 180 volte maggiore del proprio territorio), valutazione continua dei metodi di lotta che modificano la realtà, diffusione di buoni risultati, reti reali e non solo virtuali. Anche le istituzioni, a partire da quelle sovranazionali, dai modelli di stati, di amministrazioni locali,vanno misurate per quanto sono state svuotate e quanto offrono ancora possibilità del gioco democratico. Il glocal o è concretamente praticato o è un’utopia che non intacca la globalizzazione e il neo liberismo. Il recente Led World Forum di Torino è un esempio di chiacchiere a vuoto, poche idee, pochi progetti, nessuna capacità di invertire la rotta. La libertà delle donne (vedi lettera aperta di Lea Melandri a L.Gallino rispetto a articolo cari nipoti, vi racconto la nostra crisi 16/10) è una minaccia allo status quo: vanno ricondotte al loro posto, fuori dal pubblico, sottomesse o rese inoffensive e gregarie da chi le ha cooptate. In politica, sia nelle istituzioni che nei movimenti o nel volontariato sono indotte a seguire modelli maschili, utili a curare e ricucire i rapporti, lavorano gratis. Il loro corpo sessuato, uniformato a un modello di merce che ingrassa chirurgi estetici o nascosto dai burka . Laicità ( mi preoccupa l’intromissione pesante del Vaticano sul governo di Roma ma ancora di più il silenzio di tutte le forze politiche) e inviolabilità dei corpi sono la nostra risposta. Valore e visibilità all’impegno femminile la nostra realtà organizzativa. La condivisione e il riconoscimento reciproco il nostro metodo. Le emozioni parte della nostra vita anche politica. La costituzione antifascista la nostra bandiera. Una costituzione ancora in gran parte da applicare ma nata su una grande passione . Un anno per organizzarsi a respingerne lo svuotamento realizzato da Renzi e da questo parlamento delegittimato. Non possiamo arrenderci ogni volta che cade un progetto in cui avevamo creduto, un obiettivo per cui abbiamo lottato, una speranza che ci dava forza. Resistere, chiederci perché è successo, prima con la nostra testa e la nostra esperienza, e poi collettivamente, utilizzando ogni possibilità di comunicazione. Questa è la nostra forza: non rinchiuderci in una autoreferenzialità che, cadute ideologie e partiti di massa, non è che la difesa di piccoli o grandi privilegi., non perdere memoria e radici. E’ quello che abbiamo fatto quando abbiamo preso le distanze dall’esperienza di altra Europa passando attraverso il manifesto di Primalepersone alla prima assemblea romana dopo le europee e al Noi, altraeuropa che segnava un distacco politico cosciente. Proprio in quel Noi, cercavamo di ricomporre un progetto politico collettivo che qualcuno stava volutamente sfarinando e che oggi mostra l’impossibilità di ricomporre una sinistra attraverso leader, tutti maschi, che hanno fallito. Lo strumento di democrazia diretta che la Costituzione ci assicura, il referendum, dopo l’ultima vicenda civatiana rischia di diventare un’arma spuntata. Anche perché le vittorie (acqua, finanziamento pubblico dei partiti) non riusciamo a farle rispettare. Battere vie nuove che aprono contraddizioni ai vari livelli istituzionali come ha fatto il movimento no Triv facendo promuovere a dieci regioni i referendum. Per questo, pongo una domanda chiara: delega e rappresentanza possono continuare come adesso ad essere concesse a leader politici di partiti che hanno sempre meno consenso e tentano di autoperpetuarsi camuffandosi e lavandosi le mani dei propri impegni precedenti? Per questo Primalepersone ha proposto l’assemblea permanente e vuol facilitare l’auto rappresentazione dei movimenti e di chi lotta concretamente per affermare un modello ecologico di economia e socialità. Ma la decisione virtuale con piattaforme come lqfb non è sufficiente perché coinvolge troppo pochi. Occorre una relazione politica continuativa, un confronto serrato sui territori, la massima apertura alle diversità, la capacità di allearsi su obiettivi concreti. I comitati per i referendum saranno un banco di prova. La messa in atto di azioni efficaci, visibilità e prima di tutto la nostra convinzione. Se vogliamo costruire un processo nuovo, capace di coinvolgere chi ha smesso di appassionarsi alla politica non possiamo riproporre vecchie formule organizzative che non funzionano ma non possiamo neppure rimanere una piccola forza elitaria. Come fare lo dobbiamo scoprire insieme ogni giorno, con pazienza e determinazione. Buon lavoro a tutte e tutti noi.