Prove tecniche di democrazia digitale (1)

Da quando si sono diffusi i personal computer, e ancor più da quando quasi tutti hanno uno smartphone, ci si chiede che impatto potranno avere queste tecnologie sulla democrazia. Da principio sono prevalsi gli entusiasmi per le enormi risorse che i nuovi media apportano alla democrazia partecipativa e diretta, rendendola possibile su una scala impensata prima.
In particolare in Italia, dove si lamenta da anni uno scollamento fortissimo tra partiti e popolazione, l’avvento del digitale ha acceso molte speranze di poter ricolmare il distacco tra cittadini e politica e ravvivare il senso di responsabilità collettiva.

A distanza di anni, però, assistiamo alla massima diffusione dei grandi social internazionali, di cui si servono praticamente anche tutti i partiti e i personaggi politici, per la loro comunicazione; assistiamo anche alla banalizzazione del televoto nell’industria dell’intrattenimento. Da parte delle istituzioni pubbliche, sotto la spinta UE, si sta avviando con estrema lentezza un blando processo che dovrebbe coinvolgere la cittadinanza a partecipare di più alla “governance” tramite sondaggi, proposte e commenti. Ma la diffusione dei mezzi informatici come mezzo per attuare una reale democrazia di base, sia nei partiti che tra i gruppi e le associazioni di attivismo civico, è assai più modesta e segna il passo.

Il solo gruppo politico che in Italia avesse sposato decisamente la democrazia informatica, i 5 Stelle, è naufragato in un mare di critiche anche a proposito della sua decantata piattaforma Rousseau e della sua deludente gestione, deludente dal punto di vista della trasparenza, della orizzontalità e di una effettiva democrazia nel processo di proporre i quesiti su cui chiedere il voto. Si può dire anche che questo esperimento fallito – ma estremamente avversato fin dall’inizio da quasi tutti i media come “populista” e demagogico in linea di principio, come se fosse assurdo far votare la base – ha avuto un impatto negativo e ha fatto arretrare la fiducia delle persone in questo genere di innovazioni.

Ciononostante c’è chi, come noi di Prima le persone, non si rassegna a usare soltanto i soliti mezzi, assemblee, comizi, cortei – e soprattutto un sistema di organizzazione verticale, basato sulle deleghe, di cui ormai conosciamo tutti i limiti – senza prima esplorare seriamente le opportunità di rinnovamento e di presa diretta che solo le piattaforme informatiche possono offrire.
A nostro avviso solo gli strumenti digitali possono consentire di elaborare e discutere proposte in modo estremamente allargato, con un collegamento interattivo continuo tra centri e periferie e tra le persone, al di là delle barriere delle distanze fisiche, e dei comparti stagni territoriali, aprendo così la via a una democrazia orizzontale che riduce i livelli di rappresentanza intermedi.

Per questo abbiamo deciso di fare un’inchiesta sulle iniziative di questo tipo che sono sorte in Italia, (riservandoci prossimamente di fare il punto anche sulla democrazia digitale all’estero).
E cominciamo da Demosfera, piattaforma digitale nata nel 2019 espressamente a supporto dei gruppi di cittadinanza attiva.
L’iniziativa è partita da un gruppo di attivisti di base, di varie provenienze, che si sono costituiti in Associazione per creare una piattaforma telematica open source, ossia basata su software di pubblico dominio, fornita di tutti gli strumenti informatici che possano servire a chi fa politica “dal basso”: “una infrastruttura al servizio della buona politica”.
Era un progetto ambizioso, nato dopo una lunga preparazione, grazie al lavoro volontario di persone provenienti dall’area della sinistra-sinistra, da anni priva di rappresentanza e frammentata in cento gruppuscoli e comitati che non riescono a coordinarsi tra loro. Il fallimento dei tentativi di riunire questa galassia con operazioni di vertice ha convinto i fondatori di Demosfera che per riuscirci fosse necessario partire dal basso, facendo massiccio ricorso ai metodi informatici.
L’idea era di facilitare l’incontro e la cooperazione tra gruppi di attivisti, mettendo a loro disposizione un ambiente, uno spazio comune, dove fosse possibile sia portare avanti le proprie attività sociali in autonomia, sia conoscere altri gruppi e interagire per scopi condivisi, costruendo così, attraverso la cooperazione, le premesse per una eventuale sinergia politica a tutti i livelli .
Un’idea molto vicina a quella che sta alla base di Prima le persone, con la differenza che per noi è stato ed è prioritario e fondamentale autogovernarci tramite un’assemblea permanente, insomma realizzare un’associazione politica su solide basi di democrazia orizzontale, dimostrare che è possibile farlo, praticandola noi per primi, e allo scopo ci serviamo di una piattaforma e un sistema lqfb posseduti e certificati da terzi, messi a punto per il Partito pirata tedesco.
Solo secondariamente Prima le persone si prefigge di diffondere questa pratica tra le realtà affini, mettendo a loro disposizione questi mezzi per realizzare un diverso modo di fare politica dal basso.
Demosfera invece nasceva allo scopo di facilitare l’aggregazione della galassia dell’attivismo sociale, fornendogli un ambiente informatico open source di proprietà degli stessi utenti, che li liberasse dalla dipendenza dai vari tipi di social e proprietari e dal ricorso a servizi gestiti da privati e dai colossi della rete. Allo scopo si è costruita un sistema a propria immagine e somiglianza, la cui proprietà (collettiva) è della stessa associazione promotrice.
Associazione alla quale tutte le realtà interessate a usare la piattaforma potevano aderire, diventando a loro volta partecipi – nella persona dei loro aderenti – della proprietà collettiva. Altrimenti potevano limitarsi a stipulare una convenzione, previa accettazione dello Statuto e versamento di una modesta somma una tantum e di un contributo proporzionale agli utenti.
Proprio per una questione di Statuto e di regolamenti, Prima le persone non ha aderito al progetto, non avendo  i promotori di Demosfera voluto modificare lo statuto che si erano dati e che secondo Prima le persone non era abbastanza orizzontale, anzi non lo era affatto: per timore di cammellaggi da parte delle associazioni aderenti, infatti, il sistema di autogoverno dell’associazione proprietaria a nostro avviso era restato estremamente tradizionale e verticale, basato sulla delega.
Il progetto comunque è decollato e ha interessato anche reti associative caratterizzate da un gran numero di partecipanti, come La società della cura.
Sono intanto passati un paio d’anni, in cui la pandemia ha potenziato il ricorso a forme di incontro on line.
Abbiamo voluto perciò capire a che punto era il progetto parlandone direttamente con gli animatori di Demosfera.
Nel prossimo articolo di questa mini inchiesta pubblicheremo le interviste che ci hanno rilasciato alcuni di loro.

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