PERCHE’ VOTARE E PERCHE’ VOTARE SI’ IL 17 APRILE: una risposta alla dis-informazione di “ottimisti e razionali”
di Roberta Radich
Intendo qui rispondere a un artico altamente dis-informativo molto diffuso in rete http://ottimistierazionali.it/referendum-trivelle-ecco-per…/
L’articolo in oggetto è rappresentativo delle argomentazioni portate dal “comitato del No” e da questo nuova compagine che potremmo definire “Comitato a democrazia zero”, che incita all’astensione.
Prima di entrare nel merito, un rilievo che si pone al di sopra e oltre le specifiche argomentazioni a sostegno del SI’: avere idee diverse non solo è lecito ma fa parte e dà linfa alla democrazia. Se ci sono ragioni del No queste vengano portate e ci si confronti democraticamente esprimendo il proprio voto. L’invito all’astensione si pone al di fuori del dialogo democratico ed è una delegittimazione della democrazia stessa e di un importante istituto costituzionale quale quello della democrazia diretta che permette ai cittadini o alle regioni (in questo caso il comitato referendario di diritto) di poter esprimere la propria voce. Ritengo gravissima questa posizione del presidente del Consiglio e della segreteria del PD (per fortuna ci sono anche altre posizioni), PD che, ricordiamo bene, in altri tempi stigmatizzava chi invitava ad “andare al mare”.
Detto questo entro nel merito. Cito i passaggi dell’articolo che portano una argomentazione, omettendo un contorno che è solo retoricamente ridondante. In corsivo i miei rilevi. Spero che tutti abbiano la pazienza di leggere fino in fondo e andare oltre gli slogan. Sarò lunga ma si tratta di una questione CRUCIALE per il nostro Paese e non solo. Un voto responsabile (che significa andare a votare per assumersi la responsabilità delle proprie idee) si basa sulla corretta informazione.
Quindi:
Detto questo entro nel merito. Cito i passaggi dell’articolo che portano una argomentazione, omettendo un contorno che è solo retoricamente ridondante. In corsivo i miei rilevi. Spero che tutti abbiano la pazienza di leggere fino in fondo e andare oltre gli slogan. Sarò lunga ma si tratta di una questione CRUCIALE per il nostro Paese e non solo. Un voto responsabile (che significa andare a votare per assumersi la responsabilità delle proprie idee) si basa sulla corretta informazione.
Quindi:
“Referendum Trivelle: ho letto tutti i vostri post a riguardo. Ho guardato tutte le sfilate delle immagini più o meno toccanti e più o meno simpatiche (l’ultima delle quali, “Trivella tua sorella”, oltre che essere sfacciatamente maschilista, è stata proprio un epic fail, complimenti agli ideatori!)”
Non e’ stato il coordinamento Nazionale No Triv, nè il comitato “vota siì contro le trivelle” a fare o commissionare quel post terribile ma un rampante grafico in cerca di visibilità: qui la chiara e forte stigmatizzazione del post da parte nostra.
https://www.facebook.com/1428315400765373/photos/a.1428323164097930.1073741829.1428315400765373/1679977678932476/?type=3&theater
Non e’ stato il coordinamento Nazionale No Triv, nè il comitato “vota siì contro le trivelle” a fare o commissionare quel post terribile ma un rampante grafico in cerca di visibilità: qui la chiara e forte stigmatizzazione del post da parte nostra.
https://www.facebook.com/1428315400765373/photos/a.1428323164097930.1073741829.1428315400765373/1679977678932476/?type=3&theater
(…) “in caso di vittoria del SI, circa settemila lavoratori impiegati nel settore perderebbero il posto di lavoro”
Questo non e’ vero. Come stiamo dicendo e abbiamo diffuso più volte: un’eventuale vittoria del “sì” non porterebbe alla perdita di alcun posto di lavoro: neppure uno. Un esito positivo del referendum non farebbe cessare immediatamente, ma solo progressivamente, alla naturale scadenza, ogni attività petrolifera in corso. Prima che il parlamento introducesse la norma sulla quale gli italiani sono chiamati alle urne il prossimo 17 aprile, le concessioni per estrarre avevano normalmente una durata di trenta anni (più altri venti, al massimo, di proroga). E questo ogni società petrolifera lo sapeva al momento del rilascio della concessione. Oggi, di fatto, non è più così: se una società petrolifera ha ottenuto una concessione nel 1996 può – in virtù di quella norma – estrarre fino a quando lo desideri. Se, invece, al referendum vincerà il “sì”, la società petrolifera che ha ottenuto una concessione nel 1996 potrà estrarre per dieci anni, ancora e basta, e cioè fino al 2026. Dopodiché quello specifico tratto di mare interessato dall’estrazione sarà libero per sempre. Il lavoro previsto e’ garantito: il punto e’ che quello petrolifero e’ un settore in ginocchio e non ha futuro, mentre le energie rinnovabili, dati alla mano, possono portare (con una chiara politica energetica in questo senso) piu’ di nuovi 800.000 posti di lavoro. Un milione di euro investito in energie fossili produce 500 posti di lavoro, lo stesso milione di euro investito in energie rinnovabili ne crea 17.000. Non c’è assolutamente paragone. Oggi gli incentivi totali per il fossile corrispondono a circa 15 milioni di euro, quando invece le energie rinnovabili sono state progressivamente e pesantemente disincentivate.
“motivo per cui diversi sindacati si sono schierati a favore del NO”
Altra pesante imprecisione. FIOM non solo e’ a favore ma e’ attiva nella promozione del si’. La CGIL veneta si e’ espressa ufficialmente a sostegno del SI’’. C’e’ un appello con 400 firme di quadri e dirigenti della CGIL per dire stop alle trivelle e votare sì al referendum del 17 aprile. Tra loro due segretari generali di categoria – Stefania Crogi della FLAI (agroindustria) e Domenico Pantaleo della FLC (scuola, università e ricerca) – ma sono tantissimi i segretari regionali e delle camere del lavoro, specialmente da Piemonte, Campania, Calabria, Puglia e Basilicata. Inoltre si sono espressi per il si’: usb nazionale e cobas. (solo il rappresentante del settore chimici CGIL e FEMCA CISL e UILTEC UIL si sono espressi per il no – e non per l’astensione – ).
“voglio discutere di seguito i motivi per cui non andare a votare nella speranza che non venga raggiunto il quorum, mi sembra la soluzione “più sostenibile”:
Gia’ detto in precedenza rispetto alla pesante antidemocraticità di questa posizione.
“1) Lo stop che prevede il referendum riguarda più il gas metano che il petrolio. In Italia il petrolio, l’oggetto più demonizzato dalle campagne “No-Triv”, viene estratto per la maggior parte a terra e non in mare. Gli impianti che saranno oggetto del referendum estraggono fondamentalmente metano, che sebbene fossile, è una fonte di gran lunga meno dannosa del petrolio e ancora per molti versi insostituibile (attualmente il 54% dell’offerta energetica mondiale) …..”
Il referendum non dà nessuno stop al gas attualmente estratto. La legge di stabilità 2016 ha stabilito il divieto di ricerca e coltivazione idrocarburi nelle zone di mare poste entro 12 miglia dalle linee di costa, tranne che per “i titoli abilitativi già rilasciati, fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento”. Una compagnia può, così, continuare a trivellare entro le 12 miglia, se ha ottenuto la licenza prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2016 e potrà farlo fino all’esaurimento del giacimento. Questo referendum, così come è stato riformulato dalla cassazione, chiede, quindi, di ripristinare la legge precedentemente vigente che stabiliva l’utilizzo delle concessioni fino al termine legale, come previsto per le licenze su terraferma e oltre le 12 miglia. Quindi non cambia nulla per le concessioni ma cambia rispetto alla indefinita possibilità per le compagnie di estrarre. Cosa che peraltro va contro il diritto europeo sulla libera concorrenza e se, non passa il referendum, saremo costretti a pagare una salata penale europea. Rispetto all’autonomia energetica: comprare il petrolio dalle compagnie petrolifere che lo estraggono in Italia o altrove non fa differenza. Se proprio si vuole legarsi al petrolio estratto in Italia (ma non e’ detto che quel poco estratto rimanga fisicamente qui) fino alla fine delle concessioni abbiamo tutto il tempo per condurre quella transizione energetica ormai definita come necessaria da tutti, anche da Renzi, in occasione della conferenza di Parigi COP21. Detto questo ci sono tutte le tecnologie per transitare dal gase e dal petrolio a energie più pulite, decisamente meno inquinanti anche del gas. Certamente ci vuole la volontà politica di farlo e di cessare di favorire le lobby del petrolio che, le recenti vicende relative a Tempa Rossa, hanno dimostrato essere un tutt’uno con la politica e il governo in carica.
“2) la vittoria del SI porterà inevitabilmente alla costruzione di altri impianti (…) << Sentite, anche se avete ancora un botto di gas da estrarre in questo giacimento, chiudete tutti i rubinetti e spostatevi più lontano oppure andatevene in un altro paese >>. (…) inevitabilmente, altri impianti saranno costruiti e altri saranno potenziati, per sopperire al fabbisogno energetico. Se vietiamo l’utilizzo degli impianti esistenti, da qualche altra parte questo gas dovremo andarlo a prendere, no?”
Questa argomentazione è la più labile. Il costo del barile è bassissimo. Il problema è che le compagnie lo svendono e estrarlo non conviene piu’. Per quello lo Sblocca Italia ha steso un tappeto rosso alle compagne petrolifere: perché altrimenti non avrebbero avuto interesse a investire qui, lasciando però nulla agli italiani, una miseria in royalties (7% petrolio, 10% gas quando in altri paesi arrivano al 40- 60% o tassazione sul patrimonio delle società petrolifere dell’80% in Norvegia, ad esempio) e in lavoro (pochissimi posti di lavoro locale) a fronte di un pesante impatto ambientale (solo alcuni dati tra i molti:http://www.greenpeace.org/…/u…/rapporti/trivelle-fuorilegge/ ), riduzione del pescato in media del 50%, impatto sul turismo e rischi altissimi di incidenti (che in un mare chiuso come il nostro sarebbero una devastazione immane per il mare e per l’entroterra). Il comparto petrolifero e’ un comparto in ginocchio e ogni giorno di piu’ e’ evidente, tanto che gia’ tre grandi compagnie petrolifere hanno rinunciato a estrarre petrolio in Italia, che oltre ad essere poco e’ di bassa qualita’. Un’ultima cosa rispetto ai rischi. Questo governo, sempre per richiamare le compagnie petrolifere abbattendo il costo degli impianti ha deregolamentato i controlli. Queste piattaforme sono considerate “intrinsecamente sicure”: non devono richiedere nessun sia (studio di impatto ambientale) per poterle costruire. Tutto questo aumentando in modo esponenziale il rischio di incidenti, di inquinamento, di danni al territorio e al mare. Il punto critico non è l’autosostenibilità energetica (che peraltro può essere raggiunta davvero con le energie rinnovabili e non con la dipendenza dalle multinazionali del petrolio) ma il costo per le compagnie di smantellare i rottami nel mare delle piattaforme petrolifere. Il costo del decommissioning è altissimo e il governo, prorogando la possibilità di estrarre fino alla fine della durata di vita utile dei giacimenti, sta facendo un grande favore alla compagnie stesse che, così, possono evitare gli altissimi costi di smantellamento.
“3) La vittoria del SI non scongiura un rischio ambientale, anzi, contribuisce ad aumentare l’export petrolifero e quindi anche l’inquinamento. Ora, immaginiamoci un disastro ambientale, un grave incidente a una piattaforma petrolifera posizionata “correttamente” e cioè oltre il limite delle 12 miglia. Pensate davvero che un miglio, 5 miglia o anche 20 miglia possano fare la differenza? Sarebbe comunque una catastrofe e nessun vascello di Greenpeace o panda del WWF potrà correre avanti e indietro e fare da barricata all’avanzare del petrolio verso le coste. In più lo stop delle piattaforme esistenti si tradurrebbe in un maggiore traffico di petroliere che vanno a spasso per i nostri mari per portarci i combustibili che noi abbiamo deciso di non estrarre più ma di cui avremo ancora bisogno. Petroliere alimentate a petrolio, che trasportano petrolio e che possono esplodere o essere soggette a perdite e sversamenti. Senza dimenticarci che, sempre in Adriatico, anche la Croazia e la Grecia trivellano e, in futuro, potrebbero attingere ai giacimenti che l’Italia abbandonerà in caso di vittoria del SI. Insomma, a livello di rischio ambientale non cambia proprio nulla. “
Ho lasciato tutto il paragrafo per l’evidente livello delle argomentazioni. La nostra proposta, di tutti coloro hanno promosso questo referendum, non e’ di continuare a consumare idrocarburi ma di riconvertire un comparto industriale che non ha futuro, produce inquinamento e, e’ provato oltre ogni dubbio (vedi COP 21) danneggia inesorabilmente il clima del pianeta. Al netto di una graduale transizione (che questo referendum non inficia) questo referendum, come tutti (vedi nucleare) è simbolico: vuole cambiare direzione alla politica energetica di questo governo e dei prossimi governi: è necessario, come stanno facendo la maggioranza dei paese nord europei, dirigersi con decisione verso le energie rinnovabili. Invece questo governo le ha disincentivate, in modo totalmente antistorico. L’Italia ha avuto un incremento fino al 40% di produzione di energia elettrica da rinnovabile e potrebbe fare molto di piu’ con l’adeguato supporto normativo. Continuare con il fossile sostiene solo le compagnie petrolifere, non il risparmio dei cittadini, non il lavoro, non l’ambiente, non il clima. Per quanto riguarda la Croazia: chi ha scritto l’articolo non e’ informato che la Croazia ha decretato la moratoria totale delle trivellazioni nel suo mare a febbraio di quest’anno: mai piu’ trivellazioni quindi per la Croazia. Per gli altri paesi prospicenti all’adriatico non stanno incrementando questa politica energetica…. Chissa’ come mai? Anche la Francia nei giorni scorsi ha chiuso con le trivellazioni nel proprio mare. E’ una evidenza che il petrolio e il gas sono un solo affare per le compagnie petrolifere non per i cittadini. Mai. Quanto al traffico di petroliere, altra argomentazione falsa: sono costantemente diminuite le importazioni ( dal 2010 al 2014 la produzione nazionale è scesa di 1.257 milioni di metri cubi, mentre l’importazione è diminuita di 19.547 milioni di metri cubi) e il gas viene importato attraverso i gasdotti.
“4) La vittoria del SI non si traduce in una politica immediata a favore delle energie rinnovabili che a conti fatti da sole non possono ancora bastare. Cosa vi aspettate, che all’indomani della cessazione delle attività nelle piattaforme, l’Italia magicamente si sosterrà solo con le rinnovabili? (…) nel frattempo che definiamo il Piano energetico, l’Italia come vivrà?”
Quanto è oggetto di referendum ( idrocarburi estratti entro le 12 miglia marine) è pari a meno all’1% per il petrolio e al 2% per il gas . La vittoria del si’ sara’ simbolica come lo e’ stata per il nucleare. Vuole dire a questo governo che ha dichiarato “strategici” gli idrocarburi e ha disincentivato le rinnovabili che deve cambiare direzione. E’ ovvio che ci vorra’ una transizione ma questo referendum non la inficia: dice solo che le compagnie petrolifere non potranno estrarre fino alla fine dei tempi ma fino alla fine della durata della concessione, permettendo tutta la transizione che si vuole. Mia convinzione peraltro e’ che cesseranno di estrarre molto prima se incentiviamo davvero le rinnovabili. Non e’ che fa paura proprio questo spostamento di investimenti?
“5) Il referendum è illegittimo, fa leva sulla disinformazione dei cittadini e sulla cattiva immagine che una trivella ha nell’immaginario comune. Non è un referendum lo strumento più adatto per risolvere un tema così complesso e così tecnico. O meglio, potrebbe esserlo se fossimo tutti degli esperti di coltivazione d’idrocarburi, ma non lo siamo.”
Cosa significa illegittimo? Lo e’ in quanto la costituzione sancisce il diritto dei cittadini e delle regioni a ricorrere a questo strumento, lo e’ perche’ la corte di cassazione (2 volte) e la corte costituzionale ne hanno sancito la legittimita’. Che non sia lo strumento piu’ adatto per definire un piano energetico nazionale complesso, concordo. Ma quanto i governi sono sordi al volere dei cittadini non rimane che questo strumento per far sentire la propria voce, uno strumento che e’ solo abrogativo e non propositivo (in Italia). Rispetto all’essere esperti, forse chi ha scritto l’articolo puo’ parlare per se’, ma i comitati NO TRIV si avvalgono della competenza di esperti del settore. Ripeto: questo referendum e’ simbolicamente una direzione da prendere per il governo nel senso delle energie rinnovabili (che non sta in nessun modo sostenendo). Inoltre ritengo offensivo per i cittadini italiani considerarli incapaci di comprendere e scegliere. Se li si informa e li si informa in termini corretti, senza disinformarli come si sta sistematicamente facendo.
“Trivellare non vuol dire necessariamente essere contro le politiche green, anzi, la normativa di settore è piuttosto severa e restrittiva nei confronti delle concessioni e degli adempimenti a cui le compagnie devono prestare attenzione.”
Ho gia’ detto prima della della deregolamentazione dei controlli. Purtroppo. Un ultima cosa su questo, dati europei indicano che nel nostro Paese negli ultimi 10 anni ci sono stati nel comparto, 1.300 incidenti, passati, ovviamente sotto silenzio.
“6) Non è vero che la presenza degli impianti abbia ostacolato il turismo… Se così fosse, il litorale romagnolo (dove ci sono il maggior numero di impianti) non registrerebbe ogni stagione i flussi turistici che sono invece ben noti. Così anche la Basilicata. In poche parole il turista da peso ad altre cose, e non alla presenza delle piattaforme.”
Anche questo dato non e’ vero. Ovviamente il turismo non e’ compromesso del tutto da questo, ci mancherebbe. Ma le associazioni di categoria degli albergatori e del turismo appoggiano questo referendum proprio a fronte del dato che il turismo viene leso dalle trivellazioni.
“7) …e non è vero neanche che l’estrazione di combustibili dal sottosuolo può innescare terremoti come quello avvenuto anni fa in Emilia (…).”
La relazione e’ stata provata come e’ provato il grave effetto delle trivellazioni sulla subsidenza, fenomeno tristemente noto nel Veneto. Negli anni ’60 si e’ cessata l’estrazione di gas proprio perche’ si abbassava il terreno rispetto al livello del mare. E oggi follemente si riprende. In alcune zone sono gia’ in funzione idrovore per impedire allagamenti. Per non parlare di Venezia che subisce danni incalcolabili rispetto al fenomeno della subsidenza. Ma poi si possono costruire i Mose e guadagnarci anche li’…..
“8) La vittoria del SI contribuirà allo sfruttamento dei paesi in via di sviluppo. (..) Io sinceramente non mi sentirei a posto con la coscienza a votare SI e poi accendere i fornelli con il gas che viene non dall’Adriatico (no per carità, il nostro mare va tutelato) ma dal Mozambico (…)”
Ho tagliato alcune parti per la lunghezza ma prego a tutti di leggere l’originale per il livello delle argomentazioni portate…. Vabbe’. La signorina puo’ accendere i suoi fornelli senza crisi di coscienza perche’, come ampiamente detto, le compagnie continueranno a trivellarci ancora per molti anni, non potranno farlo fino alla fine della vita dei giacimenti, ma solo fino allo scadere delle loro concessioni (secondo diritto europeo rispetto alla concorrenza). Ho già riportato più sopra i dati relativi alla diminuzione delle importazioni e la quantità di gas e petrolio estratti entro le 12 miglia. Per evitare che si trivelli ovunque in questo pianeta bisogna investire sulle energie rinnovabili e si potra’ condurre una transizione in un tempo relativamente breve. Ma la transizione deve essere incentivata perche’ sia possibile e in tempi brevi e utili a ridurrre le emissioni di CO2 che Renzi, peraltro, si e’ impegnato a ridurre anche per l’italia. Ma nulla sta facendo in questo senso. Questo referendum permetterebbe in piccola parte di aiutarlo a rispettare gli impegni presi a Parigi in occasione di COP21.
“Quindi mi auguro semplicemente che chi deciderà di votare SI abbia un comportamento ineccepibile dal punto di vista energetico. Questo non significa solo fare la differenziata e andare in bicicletta. Significa essere pronti, per coerenza personale, a rinunciare all’indomani del referendum a qualsiasi forma di utilizzo dei combustibili fossili. Significa non possedere né auto né moto che non siano elettriche; significa non viaggiare né in aereo né in nave; significa avere una casa totalmente sostenuta da rinnovabili, con stufe a pellet o i raggi infrarossi; significa non comprare tantissimi prodotti che fanno parte della nostra vita quotidiana e per la produzione dei quali vengono usati combustibili fossili. Insomma, significa essere degli integralisti energetici, avere uno stile di vita molto più che green. Ma quanti, tra quelli che voteranno SI hanno una condotta del genere?”
A questo non e’ necessario rispondere parla da se’. Parliamo di politica energetica in modo serio . Aggiungo solo che non siamo ecologisti talebani (come chi scrive sembra esserlo per il petrolio), siamo persone che hanno una realistica visione di transizione energetica, necessaria per il clima del pianeta e conveniente per il lavoro e per l’ambiente. Ognuno di noi poi nella sua vita personale fa le scelte che ritiene giusto fare, coerentemente o meno, in coscienza ognuno giudicherà per sè.
Detto questo VOTARE e VOTARE SI’ è quanto di più serio, ottimistico e razionale si possa fare.