LA SIMBOLICA “MISSION IMPOSSIBLE” DEL SINDACO MARINO

di Roberta Radich

Ignazio Marino sta divenendo il simbolo, suo malgrado, dell’empasse della trasformazione politica italiana: una classe politica che stritola gli onesti che cercano di modificarne, dall’interno, le logiche ormai perverse.  
L’Italia, quella politicamente informata e sistematicamente disinformata, rispettivamente una minoranza assoluta e una maggioranza assoluta, si è schierata o pro o contro Marino.  
I commenti o gli articoli della maggioranza dei sostenitori di Marino iniziavano con un “Non ho mai apprezzato Marino…. “,  “non ho votato Marino…”, “Marino non ha fatto o ha fatto…”  e invariabilmente continuavano con un “ma” o un “però”.  

di Roberta Radich

Ignazio Marino sta divenendo il simbolo, suo malgrado, dell’empasse della trasformazione politica italiana: una classe politica che stritola gli onesti che cercano di modificarne, dall’interno, le logiche ormai perverse.  
L’Italia, quella politicamente informata e sistematicamente disinformata, rispettivamente una minoranza assoluta e una maggioranza assoluta, si è schierata o pro o contro Marino.  
I commenti o gli articoli della maggioranza dei sostenitori di Marino iniziavano con un “Non ho mai apprezzato Marino…. “,  “non ho votato Marino…”, “Marino non ha fatto o ha fatto…”  e invariabilmente continuavano con un “ma” o un “però”.  
Vogliamo fare una sorta di “epochè”, di sospensione del giudizio sulla persona di Marino, per concentraci sul processo politico che ha portato l’ex sindaco di Roma al centro di una ennesima macchina del fango, supportata da un sistema dell’informazione totalmente privo  di una propria volontà e di un proprio ruolo. 
Come “Primalepersone” siamo nati lo scorso marzo, in una assemblea pubblica allo Scup di Roma, un centro sociale che è stato distrutto con le ruspe pochi giorni dopo quell’assemblea. Quell’episodio, assieme a molti altri, hanno reso chiaro a tutti noi, che Marino stava assecondando politiche di privatizzazione e di progressivo smantellamento di spazi comuni e pubblici.  
Se da una parte Marino assecondava la linea di un partito e di un governo che sta dismettendo garanzie e diritti, dall’altra è andato a toccare equilibri che si sarebbero nemmeno dovuti sfiorare: dalle municipalizzate, alla chiusura di Malagrotta (il cui presidente finisce agli arresti per associazione a delinquere e una ventina di politici, dirigenti, imprenditori vengono indagati per questa vicenda), al cambiamento dei vertici dell’AMA, alla sua “strana” abitudine di portare innumerevoli carte in procura per denunciare molto più “strane” vicende relative agli appalti della metropolitane e alle varie connessione con l’inchiesta di Mafia Capitale. Per non parlare dello sgombero di “storici” ambulanti abusivi, il taglio delle indennità, la nomina di esterni a cariche da sempre romane e la trascrizione delle unioni di coppie omosessuali sposate all’estero. Marino ha scatenato le ire funeste di molti poteri e interessi: dal Vaticano al, in primo luogo, sistema politico-amministrativo-affaristico abituato a gestire le “cose” romane in modo familistico e amorale, due caratteristiche, appunto, della mafia tradizionale.  
Marino si è posto al centro di una missione impossibile: combattere il malaffare romano ponendosi all’interno di un sistema di partito e di partiti profondamente interconnessi e ormai indistinguibili dalla stretta rete affaristico-mafiosa della capitale e del Paese.  
Marino è espressione di un partito il PD, lo stesso che lo ha esposto al ludibrio nella pubblica piazza e lo stesso che con una congiura di palazzo, oggi lo fa fuori. La morte della democrazia nella Capitale d’Italia è simbolica e drammatica in senso formale e sostanziale, come simbolico è il colpo altrettanto mortale alla legalità da parte del malaffare politico-mafioso che che darà ora l’assalto al mega affare del Giubileo.
Il suo errore Capitale è stato accogliere una linea politica e pensare di poterla combattere nelle sue prassi amministrative e nelle  concretezza delle scelte politiche, pagando quei prezzi considerati “minori”, si veda l’esempio simbolico dello SCUP.
Una disfatta totale per Marino e per la democrazia che si può ricondurre all’Ingenuità di Marino oppure al raggiunto limite di una logica politica che esige di essere respinta in toto. 
Non si può rispondere alle domande impossibili: il punto non è accusare o difendere Marino, ma respingere una sistema politico che non può più essere riformato dal di dentro, ma deve essere totalmente ricostruito, dal basso, dai cittadini, con nuove persone e proposte, capaci di reagire in positivo alle logiche mafiose e affaristiche che ormai mefiticamente pervadono le stanze e i luoghi, non più pubblici, della politica.  

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