IL SOLLETICO ALLA CORRUZIONE

di Massimo Villone

8 aprile 2015

Cor­ru­zione o con­fu­sione? L’onda maleo­do­rante lam­bi­sce palazzo Chigi e il Pd di governo, ed è debole rispon­dere che si tratta del par­tito di ieri. Il rap­porto 2014 della Guar­dia di Finanza foto­grafa un paese gra­ve­mente malato: solo per i reati con­tro la pub­blica ammi­ni­stra­zione 3.700 pre­sunti respon­sa­bili e miliardi di euro bru­ciati. Si sca­te­nano ana­lisi, sug­ge­ri­menti e pro­po­ste. E tut­ta­via un passo avanti, uno indie­tro, uno di lato. Pre­scri­zione lunga sì, ma non troppo, e men che mai scelte dra­sti­che come esclu­derla dopo la con­danna di primo grado. Legge Seve­rino sì, forse, magari con lima­ture. Soprat­tutto su incan­di­da­bi­lità, ine­leg­gi­bi­lità e par­te­ci­pa­zione a organi di governo andia­moci piano. Pri­vacy sì, anche i poli­tici hanno diritto, forse un po’ meno degli altri, ma è una que­stione di civiltà. Anche se per la sicu­rezza peschiamo con lo stra­scico nei com­pu­ter di ses­santa milioni di ita­liani. Inter­cet­ta­zioni sì, ma non esa­ge­riamo. E soprat­tutto evi­tiamo con ragio­nati bava­gli che se ne parli sui media. Con buona pace dell’opinione pub­blica, della respon­sa­bi­lità poli­tica e del con­trollo sociale, pila­stri della demo­cra­zia. Quanto ai magi­strati, è avviata la nor­ma­liz­za­zione con le norme sulla respon­sa­bi­lità. Lo voleva l’Europa? Falso. Al più, chie­deva la respon­sa­bi­lità dello stato, non quella civile del sin­golo magistrato. In ogni caso, inda­ghiamo par­tendo dalle coo­pe­ra­tive. Poi met­tiamo sotto tor­chio le fon­da­zioni. E i poli­tici che fre­quen­tano abi­tual­mente Con­fin­du­stria? Fanno cul­tura? Nelle pla­tee di Cer­nob­bio e Ambro­setti nes­suno avrà mai dato o rice­vuto maz­zette, case, viaggi all’estero, regali, con­su­lenze, occa­sioni pro­fes­sio­nali, o avrà mai saputo, taciuto, tol­le­rato? E per­ché coo­pe­ra­tive e fon­da­zioni? La cor­ru­zione le ha come forme giu­ri­di­che favo­rite? Le società per azioni non ci inte­res­sano? E le asso­cia­zioni non pro­fit che gesti­scono col soste­gno pub­blico ser­vizi di rilievo sociale? Fin­giamo di non vederne la fre­quente stru­men­ta­lità verso il con­senso per que­sto o quel poli­tico? Non a caso fio­ri­scono nel governo locale. Una cosa è ester­na­liz­zare la manu­ten­zione delle foto­co­pia­trici e dei com­pu­ter. Ben altra ester­na­liz­zare l’assistenza agli anziani o ai disa­bili, magari a coo­pe­ra­tive di ex-disoccupati o ex-detenuti. O ancor più pri­va­tiz­zare l’acqua. Allora fac­ciamo gestire gli appalti da sog­getti indi­pen­denti doc, sce­glien­done i com­po­nenti per sor­teg­gio. Ma come defi­niamo la pla­tea dei sor­teg­giandi? E chi custo­di­sce i custodi? Poi, basta chie­dere agli uni­ver­si­tari per sapere che il sor­teg­gio non can­cella nepo­ti­smi e clien­tele, ma li rende al più erra­tici e casuali. A chi vuole fare impresa vera un con­si­glio: lasciate per­dere, datevi al lotto e al gratta e vinci. Ma alla fine è il denaro che cor­teg­gia la poli­tica o la poli­tica che cor­teg­gia il denaro? Una dema­go­gia pusil­la­nime ha can­cel­lato il finan­zia­mento pub­blico. Una cam­pa­gna elet­to­rale anche banale arriva a sei cifre. I par­titi hanno le casse vuote, men­tre la pre­fe­renza unica esa­spera la com­pe­ti­zione al loro interno. Tutti con­tro tutti, e le pri­ma­rie rad­dop­piano i costi. Attrarre con­tri­buti è per i can­di­dati vitale, e non si chie­dono ai pove­racci. Com­bat­tere la cor­ru­zione richiede una stra­te­gia glo­bale e coe­rente, volta a pre­ve­nire e osta­co­lare l’attività cri­mi­nosa giorno per giorno, in ogni luogo in cui si gesti­sce la cosa pub­blica. Riforme costi­tu­zio­nali ed elet­to­rali che favo­ri­scano la rap­pre­sen­ta­ti­vità e le new entries, e ten­dano a ripri­sti­nare gli stru­menti della respon­sa­bi­lità poli­tica e isti­tu­zio­nale. Que­sto si ottiene abbat­tendo le soglie, ridu­cendo al minimo gli incen­tivi mag­gio­ri­tari, evi­tando l’ipertrofia degli ese­cu­tivi a danno delle assem­blee elet­tive. Riforme che con­ten­gano i costi della poli­tica, ad esem­pio sce­gliendo il col­le­gio piut­to­sto che il voto di lista e pre­fe­renza, e paral­le­la­mente ripri­sti­nando un finan­zia­mento pub­blico ragio­ne­vole, rigo­roso, a prova di imbro­glio. Una legge sui par­titi che garan­ti­sca la demo­cra­zia interna e i diritti degli iscritti, ren­dendo al sog­getto poli­tico la capa­cità di reg­gere respon­sa­bi­lità pub­bli­che, e supe­rando il popu­li­smo dema­go­gico delle pri­ma­rie aperte. E ancora riforme della pub­blica ammi­ni­stra­zione, che ripor­tino all’interno dell’organizzazione pub­blica un sapere tec­nico che eviti al mas­simo il ricorso a com­pe­tenze esterne nella forma di con­su­lenze, orga­ni­smi tec­nici, nuclei di valu­ta­zione o altro. Riforma del rap­porto tra poli­tici e diri­genti, che tem­peri la sud­di­tanza del diri­gente verso il poli­tico cui deve la pro­pria nomina o la per­ma­nenza nell’incarico. Ripri­stino di forme essen­ziali di con­trollo di legit­ti­mità degli atti. Piena visi­bi­lità, esclu­dendo garan­zie di pri­vacy, per le respon­sa­bi­lità penali, civili, ammi­ni­stra­tive, con­ta­bili di chi opera nel pub­blico o a con­tatto del pub­blico. Alla fine, e solo alla fine, san­zioni penali inci­sive per cor­rotti e cor­rut­tori. Poco o nulla del genere è nei pro­po­siti del governo, che anzi va in senso lar­ga­mente oppo­sto. La vastità del com­pito esalta la man­canza di un dise­gno. Ma esalta anche la pochezza delle rispo­ste degli oppo­si­tori. La classe diri­gente rot­ta­mata e in via di estin­zione ha com­messo un errore deci­sivo con le pri­ma­rie aperte, con­se­gnando il par­tito e il paese a Renzi. Ma è stato solo l’ultimo di una lunga serie di errori dovuti in buona misura alla accet­ta­zione subal­terna di una cat­tiva cul­tura poli­tica e isti­tu­zio­nale, estra­nea alla tra­di­zione della sini­stra. Un punto rimane. Di certo Renzi e i suoi hanno rot­ta­mato il vec­chio. Per quel che fanno, non costrui­ranno il nuovo. Se avremo for­tuna, saranno solo un transitorio.

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