Come mai – si chiede qualcuno - un moscerino come il Tav Torino-Lione (“ma è solo un treno!” diceva Bersani) è diventato un elefante intorno a cui si giocano le sorti di Governo, sviluppo, benessere e buon nome della Nazione? Difficile capirlo da giornali e TV, tutte in mano all’Union sacrée SìTav tra Meloni, Salvini, Zingaretti e Berlusconi; più Confindustria, sindacati, bocconiani e madamine. Un’Unione sacra si fa per andare in guerra; e infatti, sul Tav Torino-Lione c’è una guerra dei 30 anni:dai ’90 a oggi. Tre precisazioni: il Tav è un treno; così lo chiamano i valsusini, i loro amici e i documenti tecnici, che loro conoscono bene; la Tav lo dicono invece i suoi supporter, per mancanza di rapporti sia con i valligiani che con i documenti tecnici. Poi il Tav Torino-Lione non è un treno ad alta velocità, ma ad alta capacità, per il trasporto di merci e, in subordine, passeggeri: ma alla velocità di convogli merci lunghi un chilometro e con 2000 tonnellate di carico.
Inviato da athos il Ven, 01/03/2019 - 09:36
di Guido Viale
Venerdì 15 marzo milioni e milioni di studenti e studentesse, in decine di migliaia di scuole di tutto il mondo, faranno sciopero e riempiranno le strade di cortei. Ad essi si uniranno anche molte altre cittadine e cittadini che ne condividono rabbia e obiettivi. La rabbia è di chi si vede rubato il futuro dall’inerzia e dalla complicità delle classi dirigenti di tutti i paesi del mondo, e soprattutto dai “signori della Terra”: quelli che gestiscono economia e finanza a spese del nostro pianeta e di chi lo abita. L’obiettivo è quello di far mettere la lotta contro i cambiamenti climatici al centro dell’agenda di tutti i centri di potere, dai governi nazionali alle istituzioni internazionali, dalle municipalità alle associazioni imprenditoriali, dai sindacati alle cosiddette “forze politiche”. E’ questo obiettivo quello che, per ora, nel giro di pochi mesi, ha spinto migliaia di giovani a disertare le lezioni per rispondere all’appello lanciato da Greta Thunberg, la studentessa svedese che, decidendo di andare in piazza invece che a scuola ogni venerdì, per gettare l’allarme, ha cominciato a smuovere molte coscienze: per spingerle a salvaguardare condizioni di esistenza e convivenza decenti non più solo, come si ripete nelle giaculatorie ufficiali, per “le future generazioni”. No. Già per la generazione che si affaccia alla vita ora e che ha capito che con la nostra insipienza e la nostra inerzia le stiamo preparando un vero inferno. Da cui molti sono già stati inghiottiti: non si spiegherebbero altrimenti origini e dimensioni delle migrazioni in corso, che è ormai l’unico problema che preoccupa governi e forze politiche di mezzo mondo, se non si capisce che si tratta di un effetto, non di una causa.
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