Che cos’è l’ecosocialismo?
Partendo da un postulato secondo il quale ”l’ecologia che ignori o disprezzi il marxismo e la sua critica del feticismo della merce è condannata a non essere altro che un correttivo degli eccessi del produttivismo capitalista”, l’ecosocialismo, apparso negli anni intorno al 1970, esprime una sintesi della critica sociale portata dal socialismo, della preoccupazione di sostenibilità e di preservazione degli ecosistemi che costituisce l’ecologia politica.
Socialismo ed ecologia: una relazione tumultuosa
Al primo sguardo socialismo ed ecologia possono apparire come distanti o in contraddizione. Molti ideologi del pensiero ecologista non si esimono dal mettere in luce l’assenza di considerazione dei socialisti “reali” per le problematiche ambientali. Tra le due guerre l’estrazione del carbone fu il motore principale della crescita industriale in URSS ed aveva la precedenza assoluta per i dirigenti sovietici. Negli anni Cinquanta i dirigenti si erano fissato l’obiettivo di superare gli Stati Uniti e l’industrializzazione ad oltranza era il credo del regime in materia di politica economica. Così alla vigilia della caduta del muro di Berlino, gli Stati del blocco sovietico non facevano assolutamente bella figura quali allievi modello in materia ambientale.
Per esempio, in quegli anni la RDT emetteva 22 tonnellate di CO2 per anno e per abitante mentre il Canada, uno dei paesi dell’OCDE più inquinanti, ne produceva 16,2 tonnellate per anno e per abitante. L’ecosocialismo non saprà rimettere in causa l’evidenza: il produttivismo alla sovietica, rispetto alle distruzioni ecologiche, non aveva niente da invidiare al sistema capitalista.
Tuttavia, questa netta critica ecologista dei regimi di tipo sovietico deve essere rifiutata quando pretende di scovare una incompatibilità tra la teoria marxista e l’ecologia politica. Secondo un’idea diffusa, Marx avrebbe prestato poca attenzione al problema ambientale, lui come tanti altri teorici marxisti dopo di lui. Questa affermazione non resiste all’analisi.
Come ha osservato John Bellamy Foster, l’uno dei principali rappresentanti dell’ecosocialismo negli USA, si trovano in effetti nel tomo 1 del Capitale dei passaggi che testimoniano di una coscienza acuta dei danni ambientali generati dal capitalismo. Marx vi denuncia la rottura tra gli uomini e la Terra, afferma che il produttivismo dell’agricoltura in grande scala non può che aggravare questa” rottura metabolica” , e mette in guardia contro l’impoverimento dei suoli e l’inquinamento urbano, frusta l’esaurimento della terra e constata che ” le condizioni esistenti impongono una regolazione razionale della relazione metabolica tra gli esseri umani e la terra ,ciò che punta oltre la società capitalista verso il socialismo ed il comunismo”.
Anche i continuatori immediati del pensiero di Marx prolungano le sue riflessioni. Karl Kautsky, figura maggiore della social-democrazia tedesca, evoca così i danni dell’utilizzazione dei pesticidi fin dal 1899. Rosa Luxembourg, nella sua corrispondenza, evoca il problema dell’estinzione degli uccelli provocata dalla distruzione del loro habitat. Anche in Unione Sovietica nei primi anni del 1920 Vladimir Vernadsky introdusse il concetto di biosfera, sviluppato in seguito da Alexandre Oparine. In Gran Bretagna l’intellettuale marxista Christopher Caudwell tentó in ”Heredity and Developpement”, di elaborare un pensiero ecologico coerente. che influenza ancora oggi i lavori di biologi di grande reputazione. Nonostante queste avanzate, è giocoforza costatare comunque che la preoccupazione ecologica ha conosciuto una prolungata eclisse in seno al pensiero marxista e la questione appare in maniera marginale nelle opere dei principali teorici socialisti del XX secolo.
Miseria e “impasse” del capitalismo verde
Nei lavori di André Gorz si possono trovare i fondamenti teorici dell’ecosocialismo tale e quale è oggi concepito. Discepolo, in partenza, dell’esistenzialismo sartriano ,Gorz si avvicina poi a Ivan Illich ,che lo porta a riflettere sulla questione ambientale . Partendo dalla constatazione secondo la quale:” É impossibile evitare una catastrofe climatica senza rompere radicalmente con i metodi e la logica economica che sono condotti da centocinquant’anni.” Gorz propone allora una innovante teoria politica fondata sull’alleanza tra la preoccupazione ecologica e l’anticapitalismo. La rottura con una certa” logica economica” é in effetti ciò che differenzia l’ecosocialismo dall’ambientalismo corrente. Quest’ultimo si sforza di promuovere un ” capitalismo verde” ,una ecologia politica che si astiene dal rimettere in causa il sistema economico contemporaneo. La maggior parte delle istituzioni internazionali e la grande maggioranza delle politiche ambientali messe in moto riposano sui meccanismi del mercato. Ora l’aumento del commercio internazionale è all’origine di una crescita importante delle emissioni di gas a effetto di serra. Per altro canto” la liberalizzazione del commercio dei servizi e dei beni ambientali, accelera la loro privatizzazione e li sottomette alla logica del valore mercantile a detrimento di una gestione locale, perenne e democratica di questi beni comuni”.
L’ecosocialismo come superamento del produttivismo capitalista
Per i seguaci dell’ecosocialismo è necessario cercare l’origine della crisi ecologica nel funzionamento stesso del capitalismo. E’ all’azione umana che il riscaldamento climatico del pianeta o la l’estinzione di specie viventi sono imputate. É andare un po’ spediti alla bisogna!: se Homo Sapiens è apparso su Terra circa duecentomila anni orsono, la comunità scientifica é concorde nel datare l’inizio del riscaldamento climatico durante la seconda metà del XIX° secolo, ossia nel solco della rivoluzione industriale e dell’avvento del capitalismo. Non è quindi l’azione umana in sé che è in causa, ma ben il sistema economico. Se l’ecosocialismo fa del capitalismo il cuore del problema, è che esso fa questa constatazione tanto semplice che implacabile: le conseguenze dell’azione umana sul pianeta facendosi sentire sul lungo termine, la salvaguardia del nostro ecosistema non è pensabile senza una presa in conto del lungo termine. Fondato sulla ricerca della redditività immediata, ossessionato dal calcolo di perdite e profitti, il capitalismo é invece incapace di preoccuparsi di scadenze lontane. Guidato dal solo imperativo della redditività, il produttivismo proprio al sistema capitalista non tiene in alcun conto i danni che può generare:” esso non può fare faccia alla crisi ecologica , perché il suo essere essenziale , il suo imperativo categorico, crescere o morire, è precisamente la ragione stessa di questa crisi”. James O’Connor, fondatore della rivista Capitalismo,Natura,Socialismo e teorico ecosocialista , identifica così la contraddizione fondamentale tra capitalismo e sostenibilità degli ecosistemi . Il sistema capitalista, secondo l’analisi di O’ Connor, riposa su tre” condizioni di produzione” : il lavoro umano, le risorse naturali ( petrolio, gas, legno, acqua..) e il patrimonio costruito ( città e infrastrutture urbane) . La degradazione e la riduzione progressiva di queste risorse generate dal capitalismo stesso causano un aumento dei costi di produzione. Detto in altri termini:” tramite la sua stessa dinamica espansionista, il capitale mette in pericolo o distrugge le sue proprie condizioni, a cominciare dall’ambiente naturale”. Se la responsabilità del produttivismo capitalista nella degradazione degli ecosistemi non fa alcun dubbio per chi si reclama dell’ecosocialismo, degli autori come Razmig Keucheyan fanno un passo in più: non solo il capitalismo è all’origine della crisi ecologica che noi conosciamo, ma i danni provocati non sono risentiti nella stessa maniera da tutti. E fa un esempio chiarificante. Quando nel 2005 l’uragano Katrina flagella New Orleans si è vista una netta sovraesposizione dei Neri tra le vittime in confronto ai Bianchi. Il fatto si spiega in realtà facilmente: i quartieri neri sono situati nelle zone inondabili. Le conseguenze del cambiamento climatico hanno dunque una dimensione di classe: sono gli esclusi ed i più poveri che sono molto maggioritariamente danneggiati.
La soluzione ecosocialista
Identificato il problema, l’ecosocialismo si propone, alleando la preoccupazione del progresso sociale e quella della preservazione degli ecosistemi, di ” subordinare il valore di scambio al valore d’uso, organizzando la produzione in funzione dei bisogni sociali e delle esigenze della protezione dell’ambiente” . In questa ottica, lo strumento principale di una politica ecosocialista é la pianificazione, che deve permettere di restituire il potere di decisione” alla società che sola può prendere in conto l’interesse generale” . Non è questione qui di una pianificazione autoritaria e dirigista alla sovietica, ma di un piano che fisserebbe i grandi principi che devono prevalere in materia di politica economica. Così intesa, la pianificazione non entra in contraddizione con l’autogestione democratica delle aziende a livello locale:” La decisione di trasformare, per esempio, una fabbrica di auto in una unità di produzione di autobus o di tramway spetterebbe all’insieme della società, l’organizzazione ed il funzionamento interni alla fabbrica sarebbero gestiti democraticamente dai lavoratori stessi.”. Questa pianificazione deve accompagnarsi ad uno sviluppo importante dei meccanismi di democrazia diretta.
La democrazia diretta
Ogni presa di decisione sarà così preceduta da un lungo dibattito, infine tranciato in modo collettivo al livello locale, regionale o nazionale:” Una tale democrazia, comune e partecipativa è il solo mezzo non per evitare di fare degli errori, ma di correggerli tramite la collettività sociale stessa”. Agli Stati Uniti il Green Party è il partito che si è avvicinato di più al progetto ecosocialista. Fondato nel 1984, presenta regolarmente dei candidati alle elezioni presidenziali, fino a ottenere nel 2000, con la candidatura di Ralph Nader più di tre milioni di voti. Nel suo testo di orientazione, il partito insiste sulla necessità di legare transizione ecologica, giustizia sociale e democrazia locale. Il programma Green New Deal unisce le istanze tradizionali del movimento operaio americano alle riflessioni più recenti sulla necessità di un cambiamento di modello tale da poter salvaguardare gli ecosistemi: nazionalizzazione di una parte delle banche strategiche, creazione di banche pubbliche, istaurazione di un diritto all’elettricità e ai trasporti gratuiti, un investimento massiccio nelle energie rinnovabili. In Europa, la corrente ecosocialista è portata da lunga data dalla sinistra radicale scandinava, riunita dal 2004 in seno all’Alleanza della sinistra verde nordica. Il partito di sinistra svedese, erede del partito comunista di Svezia, ed il Movimento dei verdi della sinistra islandese sono i più emblematici rappresentanti di questa corrente. in Francia La France Insoumise emanata dal Parti de Gauche é una delle rare organizzazioni a rivendicarsi dell’ecosocialismo. La sua piattaforma programmatica prevede la nazionalizzazione dei settori strategici (acqua, elettricità,trasporti pubblici, gestione dei rifiuti) e il loro piazzamento sotto il ” controllo dei cittadini”. Nel recente programma elettorale della France Insoumise, per le elezioni presidenziali del 2022, la transizione ecologica fa figura di sfida centrale” costituzionalizzazione della ” regola verde” ( non prendere alla natura di più di quello che essa può ricostituire) ,creazione di un polo pubblico dell’energia, piano di rinnovamento ecologico degli edifici pubblici e di abitazione. In Brasile il Movimento dei Contadini senza Terra si batte per la difesa dell’agricoltura contadina contro quella industrializzata e per l’accesso alle risorse naturali opponendosi da tanti anni alle multinazionali come Monsanto, che continuano a spandere pesticidi che minacciano gli ecosistemi locali.
Crescita o decrescita
I promotori dell’ecosocialismo giudicano inutile e pericoloso il rifiuto sistematico della crescita (versione Serge Latouche). Le attività distruttive ed inquinanti devono drasticamente essere ridimensionate mentre quelle il cui scopo é di soddisfare i bisogni sociali devono crescere:” Dei settori interi dell’industria e dell’agricoltura devono essere soppressi, ridotti o ristrutturati e d’altri devono essere sviluppati, il tutto fornendo il pieno impiego per tutti”. Innovante alleanza tra il marxismo e l’ecologia politica, l’ecosocialismo si vuole un’alternativa radicale al modello produttivista attuale. Rigettando il falso dilemma tra l’asfissia progressiva dovuta al riscaldamento globale e la regressione sociale che non mancherebbe di provocare una decrescita generalizzata, esso afferma che” un altro mondo è ancora possibile”.
Fonte: https://www.revue-ballast.fr/lecosocialisme/
Sintesi e Traduzione di Piero Muò
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