Caro Civati, no, così non si può
MARINA BOSCAINO – Caro Civati, no, così non si può
Non vorremmo dover pensare che il lupo perda il pelo, ma non il vizio. Vorremmo essere certi che non sia così, ma le notizie che si accavallano e si rincorrono su proposte di raccolta di firme a sostegno di quesiti referendari abrogativi di parti della legge sulla “Buona scuola” ci fanno temere il contrario.
Oggi pomeriggio, a Firenze, “Possibile” – il nuovo soggetto politico che si candida a rappresentare l’alternativa a sinistra al PD e al renzismo – inaugurerà il Politicamp di 3 giorni, partendo proprio dalla discussione su 8 quesiti referendari, uno dei quali riguarda la scuola. È comprensibile che la neonata compagine abbia una forte necessità di visibilità e di azioni forti “di rottura” con le politiche che hanno caratterizzato distruttivamente e autoritariamente il Governo Renzi. È comprensibile, inoltre, che un’apparente soluzione pratica possa affascinare una platea frustrata dal senso della sconfitta che molti sono tentati di provare e che su tale sensazione si abbia la tentazione di far leva. Ma la scuola, l’unico settore che abbia concretamente messo in atto una mobilitazione convincente, compatta, inesauribile per contrastare il ddl qualche giorno fa diventato legge, richiede un’interlocuzione seria, costante e approfondita e non iniziative calate da un singolo soggetto, o anche da una pluralità di soggetti, senza negoziazione reale con un movimento plurale, che ha animato le piazze, che ha elaborato, che ha messo generosamente al servizio del paese e non di una battaglia corporativa un’idea di democrazia sostenibile che veda nella scuola pubblica un presidio di intransigente difesa dei princìpi della Costituzione repubblicana.
È necessario, pertanto, evitare iniziative velleitarie. Ogni azione, anche quelle sul piano giuridico, dovrebbe nascere da un contatto allargato con il mondo della scuola, per poi estendersi a tutta la società, in battaglie generali, culturali e civili in grado di parlare a tutti – genitori, insegnanti, studenti, cittadini – e di collegarsi ad altre iniziative referendarie sui temi di interesse sociale e democratico. Ma per fare tutto ciò occorrono riflessione e ponderazione.
Un eventuale referendum abrogativo sul ddl scuola va infatti preparato con i tempi necessari, costruendo alleanze pubbliche, esplicite, solide, organizzate (non presunte), cercando adesioni nel mondo della cultura, fra le forze sociali, politiche e sindacali, per far sì che le probabilità di riuscita siano massime, anche in considerazione delle conseguenze distruttive che, invece, riverserebbero sulla scuola pubblica una sconfitta sulla raccolta delle firme o un esito negativo del voto, nonché la possibile non ammissibilità di quesiti proposti in modo frettoloso e incongruente.
Come già espresso nel documento assembleare del 12 luglio, quando a Roma si sono incontrati, oltre al Comitato a sostegno della Lip scuola, moltissimi soggetti che hanno animato la mobilitazione contro la Buona Scuola di Renzi, l’ipotesi di organizzare il referendum tra ora e il 30 settembre, a scuole chiuse, con un quesito incompleto, con una tempistica ingestibile e con risultati incerti, se non ancora peggio dannosi per il proseguimento della lotta comune, non incontra il favore di molte associazioni, sindacati, comitati e soggetti che hanno animato il movimento.
Abbiamo lavorato per un anno, ciascuno con la propria identità politica, culturale, sindacale per affermare un fronte allargato ed eterogeneo, che è riuscito a mettere in campo una forza plurale, che ha tenuto dentro docenti, studenti e genitori e – straordinariamente – anche coloro che da tempo non partecipavano, che non si impegnavano. Abbiamo avuto come sponda partiti e movimenti dell’opposizione, stretto alleanze con associazioni estranee al mondo della scuola, prodotto elaborazione, espresso controinformazione, presidiato i luoghi dove si decideva (leopolde e nazareni inclusi, Miur, Montecitorio, Senato, prefetture), organizzato, con creatività e responsabilità, informazione capillare, flash mob, iniziative culturali, campagne fotografiche, simboli (fiocchetti, palloncini, lumini, il lutto), scioperi della fame. Il sindacato ha fatto il sindacato, la base ha fatto la base.
Abbiamo inviato la legge di iniziativa popolare Per la Buona Scuola della Repubblica (un testo scritto dal basso, da docenti, studenti, Ata e genitori) a Pippo Civati in autunno: non abbiamo ricevuto risposta. Eppure, per chi abbia a cuore le sorti della scuola, informarsi su un testo che contempera intransigentemente il dettato costituzionale sarebbe stato un segnale di autentica volontà di coinvolgimento dialettico.
È evidente peraltro che – proprio per tutte le circostanze che ho appena ricordato – il tema scuola possa rappresentare un volano appetibile per chi debba accreditarsi sulla scena politica. Ma non si comprende come si possa solo pensare che il mondo della scuola rinunci ad un ruolo che le spetta di diritto; ad un protagonismo che si è guadagnato sul campo, non come singole entità, ma come pluralità di voci che sono state in grado di esprimere contenuti convergenti. Che la Buona Scuola di Renzi fosse inemendabile non è stato infatti solo uno slogan suggestivo o il solito “no” pregiudiziale, di cui tanti ci hanno accusato. Quel testo è inemendabile perché configura un approccio ideologico, subordinato al neoliberismo, di destrutturazione sistematica ed intenzionale della scuola della Costituzione. Pertanto un unico quesito, che tocchi solo la questione del dirigente scolastico (a prescindere dalle riserve eventuali sull’ammissibilità) rischia di configurare un aggiustamento insufficiente a depotenziare un dispositivo articolato e ricco di virtuali (per ora) ingiurie alla Carta. Affidare al quesito referendario – al di là delle obiezioni sui tempi e sulle modalità – una funzione risolutiva rischia, insomma, di configurare un inganno di spendibilità mediatica, ma di scarsa efficacia politica.
Per questi e tanti altri motivi ci piacerebbe, invece, discutere di fronte all’opinione pubblica e in tempi distesi con Pippo Civati e con coloro che stanno legittimando il suo percorso. A lui chiediamo infatti di prendere davvero le distanze dalle pratiche autoreferenziali e interventiste del suo ex alleato Renzi e di dimostrare concretamente che “è possibile” che un’idea davvero democratica, che cerchi di tenere dentro la parte vitale della scuola, quella che la scuola l’ha fatta e la fa, possa alimentare e orientare questo momento così importante per l’istruzione italiana e per il paese diventando modo di procedere e pratica e relazione politiche.
Marina Boscaino
(17 luglio 2015)