01-02-2019 Val di Susa
di Nicoletta Dosio
Il ministro non lo vediamo: è ad almeno due chilometri di distanza, in visita al buco del maxi-sondaggio che egli, spalleggiato dai mass media di regime e dal partito trasversale degli affari, continua a chiamare indebitamente “ inizio del tunnel di base”, per dire che la Grande Opera è cominciata, che “il dado è tratto” e non si tornerà indietro, pena il presunto (e non veritiero) pagamento di salatissime penali. Dagli smartphone ci giungono discorsi e immagini: a far corona al ministro appaiono berretti gallonati e, al suo fianco, ad illustrare le magnifiche sorti e progressive della Grande Opera, ecco le solite triste figure, i crociati del TAV, i boiardi del Mercato, i Gattopardi del “che tutto cambi perché nulla cambi”, che osano parlare di necessità di tutelare ambiente e salute, mentre portano avanti inquinamento e devastazione. Quando riprendiamo la via del ritorno, il ministro è ormai lontano. Intorno a noi gli alberi si piegano sotto il cumulo della neve che continua a cadere fitta. Poco lontano da qui c’è il confine della Francia verso cui si inerpicano le rotte di chi espatria, i migranti di sempre, in fuga dalla fame e dalla guerra, dietro una speranza di emancipazione. Questa neve, così bella e dolce per noi, può diventare per loro la tomba da cui riemergeranno al disgelo: così, lo scorso anno hanno trovato la morte Mamadou, la dolce Blessing. Il sistema spietato che, con i suoi governi vecchi e nuovi, condanna i territori a morire di grandi male opere in nome della libera circolazione di capitali, eserciti, merci, è lo stesso che innalza frontiere davanti a chi fugge dalla guerra e dalla fame. Noi lo sappiamo bene, perciò la nostra lotta non può che essere solidale e complessiva: il vero antidoto al mondo della guerra tra poveri cui vorrebbe ridurci il comune oppressore.