29/12/2015, 23:59
Scaldiamo i motori per la prossima assemblea.
Considerazioni e desideri.
Personalmente non sono molto favorevole alle assemblee plenarie.
L’esperienze passate mi hanno portato a diffidare di questo tipo di riunioni, fatte più per permettere, a chi ha maggior dialettica e potere di convincimento o più semplicemente a chi detiene il potere di controllo dell’assemblea stessa, di far passare le proprie tesi, a scapito di un elaborazione più collettiva delle decisioni, che può avvenire solamente tramite passaggi successivi di dialogo ed elaborazione.
Non cambia di molto il trovarsi nella posizione di colui che cerca di convincere gli altri, oppure trovarsi nell’altrettanto scomoda posizione di chi si sente tirato per i capelli verso una scelta che sente non ponderata, di chi si sente sospinto, dall’incalzare dell’evento decisionale, a dover avvallare decisioni di cui non è sicuro.
Il risultato di queste operazioni, sia stando nel ruolo di chi deve convincere sia nel ruolo di chi deve essere convinto, sono pur sempre onerose e pericolose, in quanto non suffragate da un consenso frutto di un’ elaborazione veramente collegiale e capillare, ma anche perché riproducono un modello conflittuale nel quale non si è mai sicuri delle proprie posizioni dei propri “alleati” e dei propri “nemici”, usando termini propri di quel sistema.
Ognuno di noi credo che sia consapevole e conosca i mille e più modi per orientare un’assemblea, i mille trucchi per avere più tempo a disposizione degli altri, tempo da utilizzare nell’opera di convincimento, le mosse adatte a far si che le votazioni avvengano nel momento più opportuno.
Riconosco d’altronde che le assemblee plenarie hanno una loro utilità oggettiva infatti:
Molto sinceramente avrei preferito che l’assemblea del 9/10 gennaio fosse un evento più intimo più legato al nostro essere, più incentrato appunto in quella sintesi che ritengo ormai doverosa, tramite la quale potersi presentare all’esterno.
Fatte queste premesse che rispecchiano delle sensazioni strettamente personali , vorrei mettere su carta alcune considerazioni rispetto al chi siamo ed al come vorrei che fossimo.
Scrivo “chi siamo e come vorrei che fossimo” perché leggendo il testo “c'è grande confusione sotto il cielo... e noi?” e collegandolo sia al nostro primo passo ufficiale : lo statuto, sia al dibattito che si è svolto nel lasso di tempo che va da questo a quello , mi sembra di scorgere delle differenze principalmente nel modo di prospettare i momenti elaborativi , ma anche rispetto ad alcune tematiche.
Questo fatto non lo trovo assolutamente negativo, ma contingente ad un progetto in fieri.
E' normale e doveroso che durante un percorso ci si fermi ad osservare la distanza coperta, il modo in cui ciò è avvenuto, le difficoltà superate e quelle che non si è riuscito a superare, che potrebbero aver rallentato ed a volte anche fermato il cammino.
É Giusto analizzare il tutto ed elaborare eventuali correzioni e migliorie, specialmente nella fase iniziale quando il gruppo che intraprende quel percorso non è del tutto amalgamato ed affiatato.
Credo di non sbagliare affermando che la maggioranza di noi viene da esperienze differenti o vissute in maniera differente.
Soltanto in un passato molto prossimo abbiamo vissuto (tutti o quasi tutti) un’ esperienza comune nel lavoro per la raccolta firme e la campagna elettorale per la lista Tsipras, questa lavoro comune è proseguito nel tempo sia all’interno del gruppo de L’altra Europa, sia oltre con la ricerca di un modello sfociato momentaneamente in Prima le Persone assemblea permanente.
Quindi volendo definire oggi chi siamo, mi verrebbe da dire che siamo un insieme ancora non omogeneo di persone che hanno dato vita ad un’associazione non ancora definita in tutte le sue parti, dotata però di uno statuto che se pur di carattere provvisorio indica un orizzonte ideale e delinea, anche se ancora in maniera appena abbozzata,un percorso per avvicinarci all’orizzonte (che poi l’orizzonte in quanto tale si sposterà un po’ più in là fa parte di un altro discorso).
Brevemente enumero, rispetto allo statuto, i concetti chiave espressi in maniera ampia e circostanziata nel testo di redazione “Cosa proponiamo” del 21/06:
In generale:
Superamento dell’attuale sistema tramite la conversione ecologica dell’economia;
Riappropriazione della politica da parte delle persone;
Nel particolare Italia
Opposizione al tentativo di smantellamento della costituzione;
Lotta contro l’attuale governo e contro le scelte da esso attuate;
Consapevolezza dell’inutilità e della dannosità di proposte che vadano verso la riedizione di passate esperienze di formazioni a sinistra del PD ma interne alla logica del sistema egemonizzato in Italia dal PD;
Rispetto invece al percorso, ovvero al come e con quali mezzi:
Superamento del dualismo rappresentante – rappresentato;
Valorizzazione e mutuo sostegno delle iniziative e delle realtà portatrici dei valori sopra citati;
Attuazione del principio di auto rappresentanza;
Uso degli strumenti informatici, sia a supporto delle iniziative, sia per superare quelle barriere spazio-temporali che non permettono il pieno dispiegarsi della democrazia orizzontale.
Non penso che ci siano tra noi persone che non si ritrovino, in via generale, con i concetti di cui sopra, ma nutro qualche perplessità sulla omogeneità di interpretazione che ognuno di noi da a questi concetti.
Né penso che questa probabile disomogeneità sia un fattore negativo, ma potrebbe diventarlo se, non tenendone conto, proseguissimo imperterriti ognuno con le sue convinzioni.
Voglio sperare che le giornate del 9 e del 10 Gennaio possano essere anche il momento per confrontarci sul cosa ognuno di noi vorrebbe che fossimo.
Considerando che questo desiderio si dispiega su due fronti, uno ideale e l'altro organizzativo.
Dobbiamo passare dalla fase in cui abbiamo avuto chiaro nella mente cosa non vogliamo essere, alla fase in cui iniziamo a dire con più precisione ed in maniera più esaustiva e circostanziata quale sia il nostro voler essere.
Personalmente non mi ritroverei molto in un modello neutro di servizio, né in una ricerca di unità o rete di tutti e con tutti e, pur restringendo il campo, non mi sentirei a mio agio nello stare insieme con chi condivida con me solo la voglia di uscire da questo sistema, o l’obiettivo di sconfiggere questo governo.
Queste tipologie di raggruppamenti uniti solo in negativo sanno anch’essi di già provato e di sbagliato, se non nell'immediato sicuramente nel lungo tempo.
Quindi uscire dall’attuale sistema mi sta bene, pensare ad una riconversione ecologica mi va ancora meglio, ma per proporre cosa, un sistema migliore ma ancora incentrato su logiche maschiliste? Un sistema di riconversione ecologica che si uniformi comunque agli attuali livelli inaccettabili di consumo? Un sistema che, pur difendendo il diritto ad una vita decente, lo lega ancora al concetto lavoro/salario, creando quindi nuovi lavori anche se non ce ne è bisogno a costo di creare nuovi bisogni anche se fittizi?
Non casualmente ho legato tra loro tre argomenti : il modello maschilista, la riconversione ecologica, ed il concetto di indissolubilità del legame tra lavoro e salario e quindi tra possibilità/diritto di vita e salario.
Sono convinto che se non cambiamo il sistema dei rapporti, dal sistema “egoistico” proprio della visione maschilista, ad un sistema più “naturale” proprio della visione femminile, non ci potrà mai essere una soluzione veramente “ecologica” ai problemi che stanno spingendo il mondo verso la catastrofe, ma se andiamo verso questa soluzione che definisco più “naturale” dobbiamo giocoforza riconsiderare sia il concetto di lavoro, così come lo si è inteso fin'ora, ma non da sempre, sia il concetto che fa derivare i mezzi di sostentamento non da un diritto naturale, bensì da un lavoro, il quale a sua volta non è legato alle capacità, alla cultura, alle attitudini di ognuno di noi, bensì alla logica del mercato.
Per me questi sono i tre argomenti essenziali tramite i quali orientare il nostro cammino ideale.
Ma a ben vedere sono anche gli argomenti su cui basare il modello organizzativo.
Ma è proprio rispetto al modello organizzativo che il punto interrogativo finale della presentazione del prossimo evento diventa veramente appropriato.
Credo che sia veramente opportuno spiegare come, tramite il sistema da noi adottato (liquid feedback) accompagnato dai forum, si possa coniugare in maniera ottimale la fase della condivisione e la fase della decisione che sarà tanto più una decisione condivisa quanto più sarà partecipata.
Per non parlare poi dei vari modelli organizzativi: partito, movimento, associazione, federazione, rete, ecc.
Indubbiamente in questo campo ci vuole un grande impiego di fantasia ed un grande sforzo di comprensione reciproca.
Probabilmente un uso equilibrato dei vari strumenti e delle varie forme organizzative, scegliendo la cosa più adatta caso per caso ed anche a seconda delle sensibilità, potrebbe portare a quel modello originale a cui tendiamo.
Sintetizzando con uno slogan si potrebbe dire: sicurezza e certezza dei principi, fantasia nell'applicazione degli stessi
Penso che fin’ora sia stato fatto un buon lavoro, tramite il poco apporto di molti ed il grande apporto di pochi, ma se non sviluppiamo questo tipo di tematiche, di cui ho fatto solo un piccolo esempio, se non apriamo un vero dibattito in tutte le forme possibili e con tutti gli strumenti, anche adeguando ed ampliando lo statuto se necessario, anche rendendo più appetibili, completi e di facile uso i mezzi che abbiamo a disposizione, saremo sempre un ibrido che difficilmente potrà essere attrattivo.
Vorrei concludere mettendo in evidenza una grande occasione che si presenta nel prossimo futuro:
la prossima stagione referendaria nel suo complesso: una grande possibilità di lotta e di convergenza dal basso.
Arrivederci a Bologna
Considerazioni e desideri.
Personalmente non sono molto favorevole alle assemblee plenarie.
L’esperienze passate mi hanno portato a diffidare di questo tipo di riunioni, fatte più per permettere, a chi ha maggior dialettica e potere di convincimento o più semplicemente a chi detiene il potere di controllo dell’assemblea stessa, di far passare le proprie tesi, a scapito di un elaborazione più collettiva delle decisioni, che può avvenire solamente tramite passaggi successivi di dialogo ed elaborazione.
Non cambia di molto il trovarsi nella posizione di colui che cerca di convincere gli altri, oppure trovarsi nell’altrettanto scomoda posizione di chi si sente tirato per i capelli verso una scelta che sente non ponderata, di chi si sente sospinto, dall’incalzare dell’evento decisionale, a dover avvallare decisioni di cui non è sicuro.
Il risultato di queste operazioni, sia stando nel ruolo di chi deve convincere sia nel ruolo di chi deve essere convinto, sono pur sempre onerose e pericolose, in quanto non suffragate da un consenso frutto di un’ elaborazione veramente collegiale e capillare, ma anche perché riproducono un modello conflittuale nel quale non si è mai sicuri delle proprie posizioni dei propri “alleati” e dei propri “nemici”, usando termini propri di quel sistema.
Ognuno di noi credo che sia consapevole e conosca i mille e più modi per orientare un’assemblea, i mille trucchi per avere più tempo a disposizione degli altri, tempo da utilizzare nell’opera di convincimento, le mosse adatte a far si che le votazioni avvengano nel momento più opportuno.
Riconosco d’altronde che le assemblee plenarie hanno una loro utilità oggettiva infatti:
- Permettono la conoscenza personale quindi il riconoscersi uno con l’altro;
- Se usate bene ed in maniera corretta creano quel clima di fiducia, facilitato anche dalla conoscenza reciproca, che si protrae nel tempo, oltre l'assemblea stessa;
- Offrono la possibilità di fare una sintesi da cui ripartire con rinnovato slancio.
Molto sinceramente avrei preferito che l’assemblea del 9/10 gennaio fosse un evento più intimo più legato al nostro essere, più incentrato appunto in quella sintesi che ritengo ormai doverosa, tramite la quale potersi presentare all’esterno.
Fatte queste premesse che rispecchiano delle sensazioni strettamente personali , vorrei mettere su carta alcune considerazioni rispetto al chi siamo ed al come vorrei che fossimo.
Scrivo “chi siamo e come vorrei che fossimo” perché leggendo il testo “c'è grande confusione sotto il cielo... e noi?” e collegandolo sia al nostro primo passo ufficiale : lo statuto, sia al dibattito che si è svolto nel lasso di tempo che va da questo a quello , mi sembra di scorgere delle differenze principalmente nel modo di prospettare i momenti elaborativi , ma anche rispetto ad alcune tematiche.
Questo fatto non lo trovo assolutamente negativo, ma contingente ad un progetto in fieri.
E' normale e doveroso che durante un percorso ci si fermi ad osservare la distanza coperta, il modo in cui ciò è avvenuto, le difficoltà superate e quelle che non si è riuscito a superare, che potrebbero aver rallentato ed a volte anche fermato il cammino.
É Giusto analizzare il tutto ed elaborare eventuali correzioni e migliorie, specialmente nella fase iniziale quando il gruppo che intraprende quel percorso non è del tutto amalgamato ed affiatato.
Credo di non sbagliare affermando che la maggioranza di noi viene da esperienze differenti o vissute in maniera differente.
Soltanto in un passato molto prossimo abbiamo vissuto (tutti o quasi tutti) un’ esperienza comune nel lavoro per la raccolta firme e la campagna elettorale per la lista Tsipras, questa lavoro comune è proseguito nel tempo sia all’interno del gruppo de L’altra Europa, sia oltre con la ricerca di un modello sfociato momentaneamente in Prima le Persone assemblea permanente.
Quindi volendo definire oggi chi siamo, mi verrebbe da dire che siamo un insieme ancora non omogeneo di persone che hanno dato vita ad un’associazione non ancora definita in tutte le sue parti, dotata però di uno statuto che se pur di carattere provvisorio indica un orizzonte ideale e delinea, anche se ancora in maniera appena abbozzata,un percorso per avvicinarci all’orizzonte (che poi l’orizzonte in quanto tale si sposterà un po’ più in là fa parte di un altro discorso).
Brevemente enumero, rispetto allo statuto, i concetti chiave espressi in maniera ampia e circostanziata nel testo di redazione “Cosa proponiamo” del 21/06:
In generale:
Superamento dell’attuale sistema tramite la conversione ecologica dell’economia;
Riappropriazione della politica da parte delle persone;
Nel particolare Italia
Opposizione al tentativo di smantellamento della costituzione;
Lotta contro l’attuale governo e contro le scelte da esso attuate;
Consapevolezza dell’inutilità e della dannosità di proposte che vadano verso la riedizione di passate esperienze di formazioni a sinistra del PD ma interne alla logica del sistema egemonizzato in Italia dal PD;
Rispetto invece al percorso, ovvero al come e con quali mezzi:
Superamento del dualismo rappresentante – rappresentato;
Valorizzazione e mutuo sostegno delle iniziative e delle realtà portatrici dei valori sopra citati;
Attuazione del principio di auto rappresentanza;
Uso degli strumenti informatici, sia a supporto delle iniziative, sia per superare quelle barriere spazio-temporali che non permettono il pieno dispiegarsi della democrazia orizzontale.
Non penso che ci siano tra noi persone che non si ritrovino, in via generale, con i concetti di cui sopra, ma nutro qualche perplessità sulla omogeneità di interpretazione che ognuno di noi da a questi concetti.
Né penso che questa probabile disomogeneità sia un fattore negativo, ma potrebbe diventarlo se, non tenendone conto, proseguissimo imperterriti ognuno con le sue convinzioni.
Voglio sperare che le giornate del 9 e del 10 Gennaio possano essere anche il momento per confrontarci sul cosa ognuno di noi vorrebbe che fossimo.
Considerando che questo desiderio si dispiega su due fronti, uno ideale e l'altro organizzativo.
Dobbiamo passare dalla fase in cui abbiamo avuto chiaro nella mente cosa non vogliamo essere, alla fase in cui iniziamo a dire con più precisione ed in maniera più esaustiva e circostanziata quale sia il nostro voler essere.
Personalmente non mi ritroverei molto in un modello neutro di servizio, né in una ricerca di unità o rete di tutti e con tutti e, pur restringendo il campo, non mi sentirei a mio agio nello stare insieme con chi condivida con me solo la voglia di uscire da questo sistema, o l’obiettivo di sconfiggere questo governo.
Queste tipologie di raggruppamenti uniti solo in negativo sanno anch’essi di già provato e di sbagliato, se non nell'immediato sicuramente nel lungo tempo.
Quindi uscire dall’attuale sistema mi sta bene, pensare ad una riconversione ecologica mi va ancora meglio, ma per proporre cosa, un sistema migliore ma ancora incentrato su logiche maschiliste? Un sistema di riconversione ecologica che si uniformi comunque agli attuali livelli inaccettabili di consumo? Un sistema che, pur difendendo il diritto ad una vita decente, lo lega ancora al concetto lavoro/salario, creando quindi nuovi lavori anche se non ce ne è bisogno a costo di creare nuovi bisogni anche se fittizi?
Non casualmente ho legato tra loro tre argomenti : il modello maschilista, la riconversione ecologica, ed il concetto di indissolubilità del legame tra lavoro e salario e quindi tra possibilità/diritto di vita e salario.
Sono convinto che se non cambiamo il sistema dei rapporti, dal sistema “egoistico” proprio della visione maschilista, ad un sistema più “naturale” proprio della visione femminile, non ci potrà mai essere una soluzione veramente “ecologica” ai problemi che stanno spingendo il mondo verso la catastrofe, ma se andiamo verso questa soluzione che definisco più “naturale” dobbiamo giocoforza riconsiderare sia il concetto di lavoro, così come lo si è inteso fin'ora, ma non da sempre, sia il concetto che fa derivare i mezzi di sostentamento non da un diritto naturale, bensì da un lavoro, il quale a sua volta non è legato alle capacità, alla cultura, alle attitudini di ognuno di noi, bensì alla logica del mercato.
Per me questi sono i tre argomenti essenziali tramite i quali orientare il nostro cammino ideale.
Ma a ben vedere sono anche gli argomenti su cui basare il modello organizzativo.
Ma è proprio rispetto al modello organizzativo che il punto interrogativo finale della presentazione del prossimo evento diventa veramente appropriato.
Credo che sia veramente opportuno spiegare come, tramite il sistema da noi adottato (liquid feedback) accompagnato dai forum, si possa coniugare in maniera ottimale la fase della condivisione e la fase della decisione che sarà tanto più una decisione condivisa quanto più sarà partecipata.
Per non parlare poi dei vari modelli organizzativi: partito, movimento, associazione, federazione, rete, ecc.
Indubbiamente in questo campo ci vuole un grande impiego di fantasia ed un grande sforzo di comprensione reciproca.
Probabilmente un uso equilibrato dei vari strumenti e delle varie forme organizzative, scegliendo la cosa più adatta caso per caso ed anche a seconda delle sensibilità, potrebbe portare a quel modello originale a cui tendiamo.
Sintetizzando con uno slogan si potrebbe dire: sicurezza e certezza dei principi, fantasia nell'applicazione degli stessi
Penso che fin’ora sia stato fatto un buon lavoro, tramite il poco apporto di molti ed il grande apporto di pochi, ma se non sviluppiamo questo tipo di tematiche, di cui ho fatto solo un piccolo esempio, se non apriamo un vero dibattito in tutte le forme possibili e con tutti gli strumenti, anche adeguando ed ampliando lo statuto se necessario, anche rendendo più appetibili, completi e di facile uso i mezzi che abbiamo a disposizione, saremo sempre un ibrido che difficilmente potrà essere attrattivo.
Vorrei concludere mettendo in evidenza una grande occasione che si presenta nel prossimo futuro:
la prossima stagione referendaria nel suo complesso: una grande possibilità di lotta e di convergenza dal basso.
Arrivederci a Bologna