di Guido Viale
Sì. Abbiamo bisogno dell’Europa. E anche dell’Unione Europea: del suo Parlamento imbelle e perciò impotente; della sua Commissione dai culi di pietra; del suo Consiglio che la dilania inseguendo non “l’interesse nazionale” (che cos’è?) di ogni Stato membro, ma il tornaconto elettorale dei rispettivi governi; della sua Banca Centrale che coordina attività e interessi della finanza mondiale che ci governa tutti; e persino dei banditi che si annidano nell’Eurogruppo.
Non saranno queste istituzioni a cambiare le politiche dell’Unione, ma è necessario averla come controparte unica per creare un movimento di respiro continentale capace di imporle, con lotte, mobilitazioni e le più diverse iniziative locali, ma anche con un programma unitario, radicali cambi di rotta. E’ quello che avrebbe potuto fare Tsipras, proponendo il governo greco come motore e riferimento di una mobilitazione generale contro l’austerità in tutti i paesi europei: una scelta rischiosa, che ha voluto evitare, imponendo però al suo paese rischi anche maggiori. Una scelta che Podemos non sembra voler fare con decisione, e che è l’esatto opposto di quelle adottate dal nostro governo, che finge di combattere l’austerità cercando alleanze tra governi reazionari, razzisti e complici degli assetti costituiti. Costruire un movimento di respiro europeo contro l’austerità è l’unica strada per affrontare su scala adeguata le due questioni – clima e migranti – che definiranno tutte le scelte politiche dei prossimi anni. Sostenere che quei due problemi possano essere affrontati, o addirittura “risolti”, recuperando una “sovranità nazionale” peraltro dissolta da tempo è un inganno: sono questioni di dimensioni per lo meno europee, tanto che sui migranti – accogliere o respingere – si sono dissolti e ridefiniti tutti gli schieramenti politici del continente; e sul clima è ridicolo anche solo pensare che una politica nazionale possa incidere in qualche modo. Sono incontestabili l’importanza e le connessioni – desertificazione, uragani, fame e guerre – di queste due “questioni”; ma dal modo in cui vengono affrontate dipendono anche quasi tutti gli altri problemi in agenda: l’austerity (e il nesso tra indebitamento e spesa pubblica), l’occupazione, il diritto al reddito, il welfare, la pace, la democrazia.